El rostro de la cruz y la inteligencia espiritual

de Francisco Mele

“SI NO VES EN UN ÁRBOL TODO EL BOSQUE, TAMPOCO VES EL ÁRBOL

NI EL BOSQUE” (Raimon Panikkar)

SI NO VES EN UN HOMBRE TODA LA HUMANIDAD, NO VES AL HOMBRE NI LA HUMANIDAD.

Publicado el 21 de febrero de 2020 


 Cada uno de nosotros está invitado a llevar su cruz, una metáfora muy difundida en el pueblo porque “llevar la cruz” significa asumir el sufrimiento inherente a la vida misma.

¿Qué significa la cruz que cada uno de nosotros debe llevar?

Si la cruz es muy pesada, los que tienen que cargarla son aplastados por ella, y por lo tanto la metáfora se pierde, porque una persona aplastada en el suelo no es capaz de cargar nada.

En el Evangelio, Simón el Cirineo ayuda a Cristo a llevar la cruz: cada uno de nosotros necesita que alguien le ayude a llevar su cruz, pero algunos rechazan la ayuda.

De la misma manera debemos ser conscientes de la situación en la que podemos ayudar a alguien o dejar que se hunda.

El valor de la cruz tiene un fuerte valor simbólico en la cultura de la tradición cristiana: en ella el plano vertical conecta la dimensión del cielo con la de la tierra, o la luz con la oscuridad, la espiritualidad con la carnalidad; el plano horizontal representa los brazos con los que el hombre rodea el mundo.

 El cuadrivio existencial

Durante años he trabajado, tanto en el campo de la psicoterapia como en el de la enseñanza, para desarrollar un esquema que he llamado “cuadrivio existencial”: tiene la forma de una cruz, en la que los planos vertical y horizontal se cruzan en diferentes niveles según la historia de cada uno.

El eje vertical se refiere a la relación asimétrica entre el sujeto en posición dominante y el sujeto en posición subalterna: en Hegel es la dialéctica representada por la relación del amo y el esclavo..

En resumen, el esquema representa la relación de una persona dentro de la jerarquía tanto en posición de poder como en posición de mando.

El eje horizontal se refiere a la relación intersubjetiva al mismo nivel entre hermanos, amigos, colegas, compañeros de escuela o de juego, etc.

El diagrama de la cruz se presenta en tres figuras que se superponen sin anularse entre sí.

En la primera figura la persona se enfrenta a sí mismaa la esfera familiar íntima, la de la amistad o la enemistad.

En la segunda figura se retrata la esfera íntima, pero en la configuración que nos devuelve a los hogares, cómo ha vivido el sujeto en las casas de sus padres, qué sentimientos evocan; la relación con sus propias casas; cómo ha vivido en relación con las casas de los demás.

La tercera figura investiga la relación del sujeto con las institucionesespecialmente aquellas que han intervenido en la construcción de su propia identidad, como la escuela, la universidad, el trabajo, la parroquia u otros lugares de culto y reuniones juveniles.

Estas instituciones pueden definirse como “proveedores de identidad”. En el espacio de las instituciones se destacan con mayor fuerza los lugares del yo y los lugares del no yo.

En el primero, el “yo” lleva a cabo su propio proyecto dentro de un proyecto social institucional.

En segundo lugar, el sujeto es en cambio subyugado y a veces injustamente penalizado.

Esta tercera figura reproduce la tríada de la ética de la personalidad definida por Ricoeur como “la autoestima, el encuentro con el otro dentro de las instituciones adecuadas”.

 El cuadrivio existencial comprende cuatro cuadrantes. Uno de los dos cuadrantes superiores,el de la derecha, tiene que ver con las personas que nos han ayudado a llevar el peso de nuestra cruz: es una galería de rostros positivos de nuestra historia.

COME GESù FANCIULLO AI VECCHI DEL TEMPIO

L’orchestra dei bambini al Monastero di Santa Caterina d’Alessandria, Palermo

 

COME GESÙ FANCIULLO AI VECCHI DEL TEMPIO

Francisco Mele

Postfazione al  libro di  MARICLA BOGGIO   “LA SCALA DEGLI ANGELI Viaggio fra i ragazzi dell’orchestra quattrocanti di Palermo”

EDIZIONI CLIO, PALERMO UNIVERSTY PRESS 2021

 La musica e il fenomeno saturo

Jean-Luc Marion affronta l’evento che non può essere incasellato in un concetto, quindi definito e oggettivato.

Questo evento è il fenomeno saturo, non riproducibile per volontà del soggetto ma imprevedibile in quanto lo stesso soggetto rimane sorpreso e senza parole.

Le caratteristiche di questo fenomeno sono l’essere inguardabile, insostenibile e insopportabile perché il fenomeno saturo si avvicina al concetto già sviluppato da Kant, da Schelling e da Rilke quando cercano di definire il sublime in rapporto a una filosofia dell’estetica sulla bellezza.

Il bello – scrive Rilke– è il tremendo che il soggetto può sopportare:

”Ma chi, se gridassi, mi udrebbe, dalle schiere

degli Angeli? E se anche un Angel ad un tratto

mi stringesse al suo cuore: la sua essenza più forte

mi farebbe morire. Perché il bello non è

che il tremendo al suo inizio, noi lo possiamo reggere ancora,

lo ammiriamo anche tanto, perché esso calmo, sdegna

distruggerci. Degli Angeli ciascuno è tremendo”.

 Rainer Maria Rilke    Elegie duinesi

Secondo Marion, un primo elemento viene fuori dal fenomeno che si presenta senza avvisare. Si tratta dell’eccesso, inteso come quella luce accecante che impedisce al soggetto di vedere. Mosè non riesce a vedere sul monte Sinai il volto di Dio, ma riesce ad ascoltare la sua voce. L’eccesso della luce può essere anche rifiutato dal soggetto coinvolto, considerandolo come un difetto della vista. Qui si pone la questione della differenza fra il vedere e il guardare, come il Tiresias cieco riesce a vedere quello che i suoi contemporanei non vedono.

Si può anche estendere la questione sul piano dell’udito? Beethoven aveva perso la possibilità di sentire, ma riusciva ad ascoltare la musica che andava creando: egli viene così a rappresentare l’esempio che a livello teologico è definito uno dei sensi spirituali.

Von Balthasar, nel suo trattato “Lo sviluppo dell’idea musicale”, considera la musica “la forma che ci avvicina di più allo spirito, il velo più sottile che ci separa da lui… Esso è un punto limite dell’umano e a questo limite comincia il divino”.

Davanti al fenomeno saturo, il soggetto rimane abbagliato. Ma quando ci riferiamo all’ordine dell’udito, quale concetto può rappresentare il fenomeno dell’abbagliamento che lascia il soggetto senza un oggetto e quindi anche a rischio di svanire lui stesso?

Il fenomeno saturo che non si presenta come oggetto sfugge alle categorie dell’intelletto che vorrebbero oggettivarlo. È in linea con il concetto di sublime in Kant, perché non ha né forma né ordine.Questo fenomeno appare nelle diverse forme dell’arte, come evento e soprattutto nel volto dell’altro nella terminologia di Lévinas.

Il volto dell’altro è la resistenza alla mia volontà di dominio.

Il soggetto davanti al fenomeno saturo deve rinunciare alla sua volontà di manipolazione dell’oggetto. La sua passività attiva lo aiuta ad accogliere il dono che gli viene offerto in forma insperata. Allo stesso modo che un soggetto può sostenere lo sguardo dell’altro senza soccombere, egli può ugualmente sostenere il suono che gli arriva dall’altro.

Definire il suono è distinguerlo dal rumore, perché la musica è la scienza che attraverso delle leggi precise organizza il rumore in un ordine. Il fenomeno saturo ha a che vedere con l’intuizione, con l’intelligenza spirituale che permette al soggetto di riattivare i sensi spirituali, aprendo così quella capacità comprensiva in cui il tutto si legge nel frammento e il frammento nel tutto.

L’insight è la capacità di capire subito senza ricorrere al ragionamento chiaramente espressa del pensiero di Raimon Panikkar :

“ Se non vedi nell’albero la foresta non vedi né la foresta né l’albero”, frase che possiamo riportare sul campo dell’umano affermando che se non vedo nel volto dell’altro l’intera umanità della quale faccio parte non vedo né l’umanità né l’altro, quindi accecato non dalla luce in eccesso ma dall’ignoranza che non mi permette di vedere e di vedermi negli altri. In questa linea l’altro viene vissuto come oggetto e ostacolo alla mia volontà di dominio.

L’orchestra ha questo potere, come il coro, di produrre la distinzione tra l’unità e la differenza; permette, in questo modo, di essere parte di un tutto senza perdere e perdersi come identità personale. La musica ha la capacità di creare un doppio binario di entrata nella propria interiorità e di uscita verso una trascendenza che fa sì che più mi avvicino al mio centro di personalità, più mi avvicino sul lato opposto alla sfera del divino.Questa doppia via che integra e mette insieme i due elementi della terra e dello spirito può rivoltarsi in un senso opposto e in questo modo scardinare svuotando l’anima dell’uomo.

Il doppio senso della musica dovrà essere letto secondo la terminologia di Derrida quando elabora con diversi significati il concetto di farmaco. Pharmakon ha una doppia valenza: è veleno e rimedio. La medicina dell’anima – la musica – presa in dose estrema diventa un veleno. Da qui la diffidenza che avevano tanti filosofi nei confronti della musica come l’avevano nei riguardi della scrittura.

Socrate avverte il pericolo della scrittura perché il soggetto rischia di non esercitare più la memoria. Theut va alla corte del re egizio Thamus, e gli rivela il calcolo, la matematica e la scrittura. Thamus avverte il pericolo di tali scoperte, sostenendo che dio non ha bisogno di scrivere: parla, dice e detta la sua parola, mentre le persone che usufruiscono di tali rivelazioni vengo a mancare di quella capacità di ricordare e riportare che avevano in precedenza, quando non si facevano aiutare dalla scrittura.

Grazie a Guido d’Arezzo la musica ha avuto la possibilità di trascendere la trasmissione orale. Purtroppo di questo inventore del pentagramma si parla poco, non fa parte del mito perché, forse, non c’erano controindicazioni nei confronti della musica scritta. In virtù di questo sistema si può ascoltare e riprodurre Bach, Vivaldi, o Mozart.

Un’analisi linguistica può aiutare a comprendere le similitudini e le differenze tra un testo scritto in ambito letterario e un testo musicale.

I linguisti – fra cui von Humbolt, Charles Sanders Pierce, Ferdinand de Saussure in Europa, e John Searle e John Austin in America – hanno differenziato il segno dal simbolo. Soprattutto quello che ci interessa maggiormente è la differenza fra il segno privo di significato apparente e il segno rivolto a qualcuno che sia in grado di possedere gli strumenti per leggerlo e interpretarlo.

Il segnale a differenza del segno ha un carattere di intenzionalità perché in esso esiste una forte corrispondenza con l’oggetto definito dai linguisti come referente. Tra il segnale del fumo e il fuoco – ad esempio – esiste una forte corrispondenza, come tra le nubi dense e la tempesta che sta per scatenarsi. Analogamente esiste una corrispondenza fra il fulmine e il tuono, che si produce subito dopo. Dal piano visivo dei due primi esempi, in questo terzo esemplifichiamo un fenomeno sul piano acustico. Ma il concetto di intenzionalità in Husserl è riguarda l’azione di dire qualcosa su di un fenomeno a qualcun altro.

La musica partecipa e contiene questi tre elementi – il segno, il segnale, il simbolo -: un rumore senza direzione è un segno; un segnale potrebbe essere letto come un suono organizzato con una destinazione verso qualcuno che sia in grado di ascoltarlo; un simbolo usufruisce di una memoria, ed è stato elaborato per suscitare determinati sentimenti, che sono espressi da chi appartiene all’ambito  di tale memoria: l’inno di Mameli suscita sentimenti patriottici, “Faccetta nera” suscita contrastanti e polemiche reazioni; l’inno alla gioia di Beethoven vorrebbe rappresentare l’animo europeo.

Jankélévicht Vladimir  nel suo libro sull’ironia mette in atto una lettura particolare sulla musica, consigliando di pensare musicalmente.

 

Tra il simbolo della casa e la casa come costruzione non esiste una corrispondenza diretta, come per quanto riguarda i segnali. Si tratta di un prodotto linguistico arbitrario, convenzionale, legato a una lingua determinata: la casa come costruzione può essere rappresentata da parole diverse, a seconda della cultura, della lingua, dell’epoca ecc. L’orchestra non è soltanto una scuola che insegna ai ragazzi a suonare uno strumento, ma a comprendere i codici di interpretazione e di lettura della simbolica musicale.

Attraverso il suo metodo di insegnamento della musica, il maestro Abreu ha offerto ai ragazzi la possibilità di imparare a suonare uno strumento e di riunirsi nella costituzione di un’orchestra; il suo intento principale è stato quello di tendere alla formazione della personalità del ragazzo, prima ancora che valorizzare la sua capacità di suonare. Lo stesso intento ha avuto, nel suo insegnamento in Accademie, università e scuole teatrali, il maestro Orazio Costa con il suo metodo mimesico: formare una persona, e poi formare un attore[1].

Lo spazio della libertà creativa nell’esecuzione musicale

La scrittura in questo caso musicale dà all’interprete uno spazio di libertà creativa ed è per questo che ogni interpretazione è diversa da un’altra, non soltanto considerando l’interprete diverso da ogni altro, ma le sue stesse interpretazioni diverse nel corso del tempo e rispetto alle circostanze.

Paul Ricoeur nella sua analisi del racconto evidenzia il conflitto delle interpretazioni che avviene nei confronti di un testo letterario o di un’opera teatrale. Per Ricoeur l’interpretazione rappresenta l’atto che viene a concludere l’opera artistica in quanto mette in risalto tre livelli della creazione artistica che lui definisce “i tre livelli della mimesi”. Il primo livello riguarda il vivere, l’essere nel mondo in un rapporto precomprensivo non mediato dalla riflessione distanziante, anche se non è un vivere “accecato” e ingenuo. Il secondo livello ha a che vedere con l’azione dell’artista, che si innalza dal livello dell’immanenza per trovare, attraverso l’immaginazione creativa, la costruzione della sua opera. Il terzo livello riguarda la lettura: essa completerebbe l’opera letta. Continua a leggere