LA RIVALITA IN FAMIGLIA

SOCIETA’ / Quali sono gli oggetti di contesa fra genitori e figli?
rivista online famigliedonbosco.it

FRANCISCO MELE

Data di pubblicazione on line: 14 febbraio 2005


L’oggetto della rivalità tra genitore e figlio maschio potrebbe essere la compagna giovane del padre, quasi coetanea; il posto di lavoro, soprattutto se si tratta di un’azienda familiare; il gruppo di amici, in cui si confondono le età e i ruoli. La dissoluzione della gerarchia e della struttura familiare porta ribaltamenti di ruoli, di funzioni e di compiti.
La stessa rivalità la possiamo trovare fra la madre che cerca di imitare la figlia nel vestire e nell’essere attraente. La rivalità mimetica tra genitori e figli è dovuta alla scomparsa della differenza fra i ruoli, la perdita di un senso dell’autorità e della gerarchia nel sistema familiare; la perdita dei confini fra i diversi nuclei familiari che si sono venuti a ricomporre e scomporre. Ormai siamo abituati ai figli che chiamano il padre o la madre per nome come lo possono fare con un amico, livellando i confini; i genitori sono contenti perché si sentono ancora giovani perché sono accettati nella cerchia dei figli; venendosi a creare una situazione nella quale i figli o rimangono infantili, avendo sempre bisogno dei genitori o assumono il ruolo di padri dei propri padri.

La rivalità mimetica la troviamo molto spesso fra maestro e discepoli. Girard evidenzia come alcuni maestri sono felici di vedere tanti discepoli in torno a lui; si sente estasiato di vedersi come modello, se l’imitazione è troppo perfetta, se l’imitatore minaccia di superare il modello, ecco che il maestro cambia atteggiamento e si mostra diffidente, geloso, ostile nei confronti del discepolo, cercando di scoraggiarlo, diminuirlo; la stessa cosa possiamo riscontrare nel rapporto di alcuni genitori nei confronti potenzialmente o realmente bravi.

– Si è modificato il concetto del ciclo vitale della famiglia, io parlerei di cicli simbolici della famiglia come organizzatori dei diversi momenti che ognuno deve attraversare nel tempo e dei passaggi che un individuo fa da un sistema all’altro I rapporti umani sono precari, cambiano, si vive in sistemi di famiglie diverse; si può diventare padre o madre a tarda età, si può essere padre o madre di qualcuno che è coetaneo. Il concetto del nido vuoto sembra tramontato, i figli non rimangono nella casa paterna fino a tarda età. Tanti genitori vivono la terza età come una nuova adolescenza; sono i genitori che rientrano a casa tardi invece dei figli. La fase dell’innamoramento comincia alle medie, e si può riprensentare in qualsiasi altra età. Può essere che un genitore maschio lasci la famiglia per andar a vivere con il suo amico o una madre decida di lasciare figli e marito per un’altra donna. Quando possiamo dire che comincia la terza età? Per alcuni inizia intorno alla metà dei cinquanta ed altri ai settanta, dipende dagli impegni, dalla capacità di ri-creare nuove forme di impegno, di lavoro, di interessi. Questi sono alcuni degli esempi che mettono in discussione la teoria del ciclo vitale della famiglia

– la multigenitorialità: quanti genitori e nonni ha un bambino oggi? a quanti un bambino può chiamare papà senza sentirsi in colpa nei confronti del padre biologico? Quali sono i suoi fratelli, i cugini?

– una famiglia è un microsocietà multiculturale, anche si sé della stessa cultura e nazionalità.

– Il concetto di trialogo: ogni rapporto umano avviene in un contesto trialogico; l’altro, l’Altro, la terzeità, Dio, il linguaggio, il simbolico, costituiscono il terzo “logos” che impedisce la fusione, l’assorbimento di uno verso l’altro, la differenziazione totale o la estraneazione fra due persone, rompendo il mito dell’individualismo come rifugio in se stesso e il desiderio della costruzione di un bunker dell’io.

– Il concetto di trialogo a differenza del monologo e del dialogo, permette che la dimensione spirituale si manifesti.
– Nel monologo si rischia la divinizzazione del Sé; nel Sé glorioso non c’è spazio per l’altro .
– Nel dialogo c’è l’altro, ma in un rapporto instabile, in cui uno dei partner può diventare l’idolo, l’onnipotente e l’altro, l’assoggettato, il succube o si può scatenare la rivalità mimetica in cui nessuno vuol cedere, in cui il successo dell’altro viene vissuto come la propria sconfitta.
– Il trialogo come processo trialettico: dobbiamo differenziare il logos greco, definito come polemos, ossia, il conflitto fra gli opposti; dal logos hegeliano in cui si supererebbe attraverso la sintesi il conflitto fra gli opposti, ma la sintesi diventa di nuovo tesi e quindi si colloca all’interno di un nuovo ciclo conflittuale; infine, il logos espresso all’inizio del vangelo di San Giovanni, si tratta del logos de la non-violenza incarnato nella figura di Gesù che può essere riassunto nel “non rispondere alla violenza con la violenza”. Perché trialogos? Perché tutti e tre logos sono presenti nei rapporti umani, nelle diverse tipi di culture e società.

Duplice carica semantica dell’espressione “capro espiatorio”.
L’espressione capro espiatorio risale al caper emissarius della Vulgata, libera interpretazione del greco apopompaios: “colui che allontana i flagelli “. Il termine traduce a sua volta il termine biblico “destinato a Azazel”; Azazel era il demonio che abitava nel deserto. Nel Levitico viene descritta:

“Aronne gli porrà le due mani sulla testa e confesserà su di lui tutte le colpe dei figli di Israele, tutte le loro trasgressioni e tutti i loro peccati. Dopo averli riversati sulla testa del capro, lo manderà nel deserto per mano di un uomo a ciò designato, e il capro porterà su di sé il peso di tutte le colpe in una terra disabitata “. (Lv. 16, 5-10).

.Esiste un rapporto tra le forme rituali e la tendenza degli uomini a trasferire le loro angosce e i loro conflitti su vittime arbitrarie.

L’autore celebra la morte delle scienze umane perché hanno tralasciato le conoscenze antiche, quelle della religione e non hanno capito il meccanismo vittimario proprio della rivalità mimetica.

Il più grandioso di tutti i libri profetici, è il Libro della consolazione d’Israele, uno dei quattro canti che compongono il testo di Isaia . Viene sviluppato il contrappunto fra il Messia trionfante e il servo di Yahvé. (riportare il versicolo 53)

“Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi, (….)
Disprezzato e reiettato dagli uomini, (…)
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori (…)

Ciò che colpisce è l’innocenza del Servo, il fatto che non abbia nessun rapporto con la violenza, nessuna affinità con essa

“Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti.” (Mt 23,30).

La centralità della persona implica il decentramento del soggetto come superamento del egoismo e la rinuncia al Sé glorioso.
Il decentramento del soggetto significa che una persona può occupare il centro senza voler impossessarsi di tale luogo ; una persona diventa decentrata si è in grado di sopportare che l’altro occupi il centro senza che si sviluppi in lui il desiderio auto o eterodistruttivo.

I commenti sono chiusi.