IL PADRE PERVERSO

FRANCISCO MELE
giugno 2010

Il padre “forte” che si vanta di essere superiore, il padre “virile” che ha per sé tutte le donne, il padre “tirannico” a cui piace giocare a fare il capo, è ridicolo come il padre debole, indeciso, autocommiserantesi.

Il significante fondamentale – il Nome del Padre - costituisce la pietra angolare su cui poggia l’architettura simbolica. Anche la fede si appoggia su una Parola. Questa Parola permette di nominare Dio, il mondo e se stesso nel Nome del Padre.
Questa Parola, come pietra angolare, non ha lo scopo di nascondere il desiderio; non è la parola del padre dell’orda primitiva, preistorica, del padre idealizzato o del padre terribile, bensì la sua Voce, questa grande Voce senza articolazione in un ordine linguistico, che mantiene tutta la struttura immaginaria, quindi occupa il centro su cui si appoggia il fantasma o l’illusione del desiderio. La grande Voce senza articolazione simbolica è alla base delle voci che il paranoico ascolta diventando il suo messaggero.
La grande Voce è l’Urlo senza significato. La bestia e il sovrano si confondono. Alcuni dittatori, ad esempio, si presentano al popolo come la voce di Dio, la loro voce riempie tutti gli spazi dell’esistenza. Non è importante quello che dicono, ciò che importa per loro è parlare, far sentire la propria voce: una voce autoreferenziale, con la quale non si può instaurare nessun dialogo; non c’è spazio per la voce dell’altro, bensì il dittatore permette soltanto l’urlo della folla che esegue il suo comando.
Il padre “forte” che si vanta di essere superiore, il padre “virile” che ha per sé tutte le donne, il padre “tirannico” a cui piace giocare a fare il capo, è ridicolo come il padre debole, indeciso, autocommiserantesi.
Secondo This l’uomo è sempre ridicolo agli occhi della donna che sa che cos’è la “virilità”. La virilità e la femminilità sono sogni sia delle donne che degli uomini. L’uomo in carne ed ossa non è mai all’altezza di un ideale di uomo. L’uomo risulta sempre insufficiente. Quante delusioni si verificano dopo ogni innamoramento, stato psicotico transitorio. La delusione arriva quando crolla quell’immagine che il soggetto crede di trovare proiettata nell’altro, perché quest’altro non sarà mai in grado di sostenerla.

Dove poggia il potere della parola del padre? Nel riconoscimento da parte della madre.
Il conflitto in famiglia sopravviene quando agli occhi del figlio la madre non riconosce la parola del padre; è in questo punto del tessuto familiare che si viene a snodare la fragile struttura del simbolico, del reale e dell’immaginario che sostiene tutto l’artificio dell’identità individuale e familiare.
E’ la funzione paterna che rimane interdetta invece di articolare l’interdizione - che proibisce l’incesto e il parricidio - e l’abilitazione – che permette al figlio di passare dal godimento mortale con l’oggetto materno (da adesso in poi proibito) al desiderio. L’immettersi del soggetto nel desiderio implica di immettersi nella dimensione simbolica e quindi di sottostare alla legge del significante, ovvero di accedere al linguaggio.
Il padre come metafora trascende l’atto del generare; in questo processo anche la madre supera la condizione di essere la fabbrica dei figli per entrare anche lei nel registro simbolico. La madre non è più legata al sangue e al possesso del figlio oggetto di sé, ma può diventare la madre del figlio immaginandolo e riconoscendolo come un altro. In questi passaggi il figlio può rinunciare alla posizione fallica, l’essere fallo della madre e accedere al desiderio che lo porta a differenziarsi dal sistema familiare in linguaggio sistemico relazionale.
I genitori sono i veicoli per cui la vita può passare ed esistere. Padri e madri sono da adesso in poi guardiani di questa vita; il padre in questa struttura rappresenta la Legge che stacca i soggetti dal mondo cieco delle pulsioni.

Se un padre violenta una figlia, il fatto che le abbia dato un nome perde quell’efficacia per il quale il vivente, nominato, diventa un essere umano, un soggetto storico, capace di riprodurre e di trasmettere la legge delle generazioni. Il padre che violenta la figlia violenta tutto l’ordine simbolico. L’incesto viene a “smagliare” e a sovvertire l’ordine del linguaggio e l’ordine del lignaggio per riportare al caos.
Una ragazza che ho seguito per anni, malata di aids, quando aveva undici anni, il padre tenta di violentarla, dicendole: “E’ meglio che lo fai con me - io sono tuo padre - e non con gli altri che con te non saranno così affettuosi ”. Lei scappa di casa; dalla Puglia arriva a Roma, fa una vita di strada cambiando nome e anche cognome, volendo cancellare tutto quanto le ricordava il genitore. Una sera viene fermata dalla polizia e rinchius
a in un’istituzione minorile, di dove fugge appena riesce a eludere la sorveglianza delle guardie; torna in strada, si prostituisce. Di fronte all’arresto, in cui le chiedono i documenti, deve riprendere il cognome paterno. Quando si prostituisce, è come se, ribaltando quanto le diceva il padre, gli rispondesse: “ Con tutti gli altri ma non con te, padre”.
Il padre della menzogna introduce la pietra dello “skandalon” che porta la seduzione perversa rimettendo in moto la violenza originaria. Il padre della menzogna commette un vero filicidio, innescando la catena della “violenza mimetica”, secondo la definizione di René Girard.

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