Psicologia della liberazione (liberación) e psicologia del popolo (pueblo)

FRANCISCO MELE

Dobbiamo uscire dai rischi di una PSICOZOOLOGIA  UMANA

I PSICOZOOLOGI SONO FUNZIONALI AL SISTEMA CHE SI MUOVE NELLA LOGICA INCLUSIONE-ESCLUDENTE ED ESCLUSIONE-INCLUDENTE. NELL’ERA DELLA  “GLOCAL-EXCLUSION”: I  SOGGETTI ALLO STESSO TEMPO VENGONO INCLUSI PER ESSERE ESCLUSI.

 

sopra, foto del Colegio del Salvador de Buenos Aires

Nella foto a sinistra,  il  padre Juan Carlos Scannone, uno dei padri della Teologia del Popolo.

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Dalla parte delle vittime

 In America Latina nasce la teologia della Liberazione a partire dai lavori dei teologi Gustavo Gutiérrez, Hélder Camera, Leonardo Boff,  Paulo Freire, Ernesto Cardenal.

La teologia della Liberazione deriva da una elaborazione teorico-pratica dei documenti di Medellin del 1968 e di Puebla del 1979. Si tratta in definitiva di una lettura del Vaticano II, cioè della  Costituzione Pastorale “Gaudium et Spes” del 1965, dell’Enciclica  di Paolo VI “Populorum progressio” del 1967 e  della Esortazione  Apostolica Evangelii Nuntiandi del 1975.

La riflessione teologica da parte delle vittime costituisce un impegno della Chiesa latino-americana a favore dei poveri, una resistenza contro un processo mondiale che anni dopo viene definito la globalizzazione.

La presa di coscienza delle condizioni socio-economiche imposte da un capitalismo neoliberale improntato al profitto  da parte dei teologi si è estesa ad altre sfere delle scienze umane economiche e della filosofia.

Gli autori europei presi in considerazione dai teologi della Liberazione sono principalmente Emanuel Lévinas e Paul Ricoeur, due filosofi che avevano lottato per la libertà ed erano stati in prigione in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’integrazione tra pensiero filosofico, teologico, sociologico e psicologico è stata determinante per la comprensione di una realtà che portava a un maggior impoverimento delle masse in un continente ricco di materie prime e di potenzialità di utilizzazione.

La consapevolezza, da parte degli intellettuali, dei contadini, della classe media borghese impoverita, che la povertà non è una maledizione inviata da Dio, bensì il risultato di uno sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ha scatenato come reazione del potere economico e politico una guerra senza precedenti sui soggetti divenuti consapevoli.

In prima fila fra gli intellettuali è in evidenza il gruppo gesuitico latino-americano. Infatti le reazioni delle dittature si sono scatenate contro di loro uccidendo tanti fra questi, come ad esempio nel gruppo de El Salvador Ignacio Ellacurìa e Ignacio Martin-Baro. Quest’ultimo ha cercato di elaborare una psicologia della Liberazione.

E’ da segnalare che Gustavo Gutierrez aveva studiato psicologia a Lovanio. L’università di Lovanio rappresenta uno dei luoghi di riferimento del pensiero teologico e filosofico di questa linea.

Il concetto di filosofia della Liberazione è stato sviluppato soprattutto da Enrique Dussel, filosofo argentino che è stato costretto a emigrare radicandosi in Messico. Dussel elabora il termine “anadialettica” cercando di superare una dialettica hegeliana che vedeva nelle contrapposizioni il motivo della dinamica della storia dello spirito.

Il filosofo e teologo gesuita argentino Juan Carlos Scannone riprende questo termine e lo rielabora all’interno della sua teologia del Popolo, pensando  una dialettica nella quale gli opposti non tendono a eliminarsi a vicenda, ma a mantenere vivi i due termini in contrapposizione. Scannone cerca di conciliare la dialettica hegeliana con l’analogia in San Tommaso e la teoria dell’azione in Maurice Blondel.

Quest’idea di una dialettica che tende a risolvere pacificamente il conflitto della tensione di due termini in contrapposizione si coniuga, sempre in Scannone, con la teoria della dialettica della comunicazione sviluppata da Jurgen Habermas e da Otto Apel.  Il risultato di questo pensiero porta a immaginare una comunità non più disgregata, ma di comunicazione in termini cristiani di comunione. Una comunità di comunione non elimina il conflitto, cerca di superarlo senza cancellare i protagonisti del processo comunicativo.

Questa configurazione neo-comunitaria si propone come alternativa a un processo a livello mondiale che tende a escludere sempre di più settori, paesi e culture in funzione di una globalizzazione uniformante sul piano economico, culturale, politico, giuridico.

Pensare una comunità che rispetti le singole persone o una comunità globale che tenga conto delle diversità culturali e politiche rappresenta l’alternativa alla globalizzazione attuale utilizzando gli strumenti, gli sviluppi offerti dalla tecnica, dalla scienza e dalle nuove proposte di convivenza sociale da parte di un momento storico che cerca di integrare il positivo della modernità e postmodernità.

Papa Bergoglio, che ha insegnato anche psicologia, propone il modello geometrico del poliedro.

Superare il modello della sfera proposto dalla globalizzazione selvaggia, con un poliedro, vuol dire rispettare le differenze culturali, personali, etniche, ecc. [2]

In questo contesto quali sono il ruolo e la funzione della psicologia?

Di che tipo di liberazione si deve parlare? Fra le patologie moderne più diffuse sono le dipendenze. Esse, nelle loro manifestazioni – alcolismo, droghe, gioco d’azzardo, affettive, tecnologiche – sono il risultato di un sistema sociale che cerca di modellare un soggetto secondo criteri che rispondono alle logiche del mercato spinto da forze competitive all’estremo.

Che cosa può offrire la psicologia per comprendere e modificare tali comportamenti? Bastano gli studi sul cervello umano, su quello dei topi, dei cani e delle scimmie per spiegare e modificare il comportamento succube?

Dobbiamo uscire dai rischi di una PSICOZOOLOGIA .

I PSICOZOOLOGI SONO FUNZIONALI AL SISTEMA CHE SI MUOVE NELLA LOGICA INCLUDENTE/ESCLUDENTE. 

Il  sistema è in grado di tracciare i limiti secondo una dialettica che punta all’inclusione e all’esclusione, nello stesso momento può escludere includendo. In fatti, tanti vivono ed speculano su gli esclusi che sono inclusi sempre e quando rimangano all’interno di uno spazio determinato. In questa logica diadica di inclusione/esclusione, si trovano  quelli che possono essere della partita e tutti quell’altri che devono rimanere esclusi da qualsiasi tipo di beneficio sociale, senza  possibilità di avere una casa e di accedere alle cure mediche e, soprattutto rimangono esclusi dal sistema educativo.

In un contesto ingiusto talvolta totalitario e dittatoriale come era stato quello sud-americano degli anni Settanta e Ottanta non risulta che i teorici della psicologia che fanno parte delle scienze del comportamento, abbia avuto un contrasto da parte del potere politico, anzi, le dittature anche comuniste avevano incoraggiato le ricerche in campo cognitivo. Invece le teorie che si ponevano la domanda “perché esistono in un determinato contesto certe patologie e in un altro altre?” venivano severamente contestate e addirittura contrastate con la chiusura di questi centri di ricerca, nonché con il sacrificio di veri e propri martiri o perseguitati per le loro scelte.

 Smascherare i manipolatori di coscienza

Fra i primi intellettuali del mondo “psi” che hanno preso in considerazione il rapporto fra certe patologie psichiatriche e il sistema economico sociale e politico sono da segnalare Frantz Fanon, Franco Basaglia, Michel Foucault.

Frantz Fanon ha influenzato il pensiero radicalizzato delle teorie che sostengono che alla violenza delle forze oppressive (coloniali) deve essere opposta una violenza maggiore per neutralizzarla. Nella descrizione di Fanon la struttura manicomiale algerina della metà degli anni Cinquanta costituisce l’esempio più evidente della violenza insita nelle strutture del potere coloniale. Liberando il colonizzato si libera anche il potere coloniale: questo stesso principio ha poi inciso sull’azione di Paulo Freire, che aveva individuato nell’azione pedagogica una via di liberazione delle persone schiave e analfabete.

Freire crede che attraverso la coscientizzazione gli oppressi latino-americani possano uscire dall’analfabetismo attraverso un rapporto dialettico con il mondo circostante. Questa stessa posizione, anni dopo, è stata ripresa da Ignacio Martin-Baro, che dice che alfabetizzarsi è soprattutto imparare a leggere la realtà circostante e scrivere la propria storia.

Il processo di alfabetizzazione implica una trasformazione personale e sociale, ovvero una liberazione integrale dell’uomo. Martin-Baro, gesuita, non era a favore della lotta armata per rovesciare il sistema ingiusto imperante nel suo Paese di adozione, El Salvador; comunque questa sua azione di coscientizzazione non lo ha risparmiato dalla violenza dall’alto di un potere che ha eliminato gli oppositori che lottavano per creare condizioni più umane. In quello stesso periodo, 1989, sei gesuiti dell’Università Cattolica del Salvador vengono uccisi; essi avevano collaborato con Monsignor Romero , che nove anni prima era stato assassinato per la sua dedizione ai poveri e ai perseguitati. Il rettore dell’università Ignacio Ellacurìa scrive: “Liberazione da quello che può ritenersi oppressione ingiusta della pienezza e della dignità umana; liberazione da ogni forma di ingiustizia, liberazione dalla fama, dalla malattia, dall’ignoranza, dall’impotenza, liberazione dalle false necessità imposte da una società del consumo”[3]. Martin-Baro è stato uno stretto collaboratore di Ellacuria, ed in questa stessa università ha insegnato psicologia e, secondo Martin-Baro, la psicologia  è soprattutto una psicologia sociale, che significa che la coscienza dell’uomo non è un’area privata, chiusa in se stessa che si confronta con gli altri:  la coscienza è soprattutto psicosociale.

Martin-Baro scrive: “La coscienza non è semplicemente l’ambito privato del sapere e del sentire soggettivo degli individui, ma soprattutto quell’ambito dove ogni persona trova l’impatto riflesso nel suo essere e nel suo fare nella società dove accoglie ed elabora un sapere su se stesso e sulla realtà che gli permette di essere qualcuno, di avere un’identità personale e sociale”. Martin-Baro sostiene che lo psicologo dovrebbe aiutare le persone ad avere una comprensione maggiore della propria identità personale e sociale. La sua azione di psicoterapeuta è stata rivolta a delle persone che soffrivano la guerra. Di nuovo qui si trova il parallelo con Fanon.

Io aggiungerei che la guerra non è soltanto quella sostenuta attraverso le armi né quella delle popolazioni analfabete. La guerra economico-culturale e sociale è stata efficace contro le coscienze. Intere masse di giovani, per esempio, sanno leggere e scrivere, conoscono il mondo circostante, ma non capiscono quello che sanno. Questa globalizzazione selvaggia gestita da una classe di agenti escludenti – il concetto di classe qui non è quello marxista – , ma si tratta di una classe composta da soggetti che appartengono a differenti culture, paesi e classi sociali, che compiono questa funzione di manipolare le coscienze e di creare condizioni ancor più diseguali fra gruppi economici forti e popolazioni in preda all’instabilità, all’incertezza e alla miseria.

In questa classe escludente ci sono tra i manipolatori della coscienza dei rappresentanti del mondo psi: psicologi e psichiatri contribuiscono a raffinare i sistemi che sono alla base di questa globalizzazione neoliberale e selvaggia.

Già nei suoi libri Michel Foucault aveva individuato lo stretto legame esistente fra le scienze umane e il potere colonialista inglese. L’antropologia, la sociologia e la psicologia servivano a capire le culture, i popoli e i comportamenti individuali con lo scopo di poter trovare i modi, attraverso questa conoscenza, per accrescere il loro potere di dominio.

Al modello della linea che abbiamo sopra individuato – Fanon, Foucault, Basaglia -, considero che la posizione di Juan Carlos Scannone offra la chiave, da una parte per criticare le strutture nate nel periodo moderno e postmoderno, e dall’altra, attraverso il discernimento filosofico, per evidenziare le strutture che sono nate al fine di promuovere processi di maggiore umanizzazione.

La modernità come movimento storico-culturale si caratterizza per quattro rivoluzioni moderne: scientifica, politica, culturale e tecnica. In questa fase predomina la filosofia del soggetto. Il periodo postmoderno si caratterizza soprattutto per l’individualismo competitivo e per il processo della disistituzionalizzazione. Il soggetto non viene più condizionato e governato dalle istituzioni. Questa apparente liberalizzazione del soggetto ha delle conseguenze sul piano dell’etica e della morale; si impone l’edonismo, la logica del tutto o niente, la razionalità strumentale e manipolatrice in termini di Habermas. Di questi due periodi – modernità e postmodernità – Scannone scrive: “Non tutto fu negativo o positivo in questo processo, ma ambiguo. Il rispetto delle differenze e la pluralità, la valorizzazione della vita quotidiana, dell’istante presente di ogni persona individuale, del tempo libero, della cura del corpo, della bellezza esteriore e della gioventù, la ricerca della felicità personale e familiare e della fruizione estetica, la sana competitività, l’efficienza tecnica, la stabilità monetaria, le regole formali su cui si basa la vita civile e politica, il risveglio della società civile ecc. sono dei veri valori se non vengono assolutizzati”[4].

Sulla modernità e post modernità l’analisi del teologo Henri de Lubac[5] costituisce un punto di riferimento importante per Papa Francesco: accogliere le sfide del nuovo umanesimo senza rimanere fuori dal dialogo costruttivo con le altre culture o altri sistemi di pensiero.

Paul Ricoeur aveva individuato nelle istituzioni ingiuste la causa delle situazioni di oppressione, di esclusione ovvero il luogo dove le vittime vengono quotidianamente rese incapaci di reagire: una vera rivoluzione deve avvenire all’interno delle istituzioni.

La triade dell’etica della personalità intesa come la stima di sé, l’incontro con l’altro all’interno delle istituzioni giuste indica lo stretto rapporto tra la persona, l’altro e le istituzioni. La parola istituzione si riferisce a relazioni regolate tra le persone. Se c’è una vittima vuol dire che esiste anche un soggetto o dei soggetti che esercitano un potere di dominio nei confronti di un altro. La teologia della Liberazione ha cercato di integrare la teologia con le scienze sociali, la psicologia e la filosofia. Scannone nella sua anadialettica propone una liberazione attraverso la conversione dell’oppressore, perché questi non è soltanto il soggetto che in posizione di comando offende e crea condizioni di sottomissione, ma è un altro uomo. Perché credere o pensare che l’oppressore può convertirsi eticamente? In questa posizione teorica, il volto dell’altro che incarna la sofferenza  dell’oppresso dovrebbe interpellare, sollecitare e scuotere la coscienza dell’oppressore. Lévinas, che aveva sofferto la prigionia tedesca, sosteneva che anche le SS avevano un volto. Qual è il fondamento che sostiene una teoria che ha la speranza di convertire l’oppressore eticamente? In Lévinas, in Ricoeur e in Scannone il fondamento è Dio. La presenza di Dio nella storia, l’Azione di Dio come entità liberatrice si manifesta ad esempio nella liberazione del suo popolo dal giogo egiziano. Ma se vogliamo affrontare una psicologia della Liberazione, su che fondamento si può creare un intervento psicoterapeutico che riesca a cambiare un oppressore in un soggetto eticamente capace di trasformare la propria azione?

Nella linea dei teologi  Juan Carlos Scannone, Lucio Gera, Justino O’farrell e dei filosofi e studiosi argentini, soprattutto a partire del contributo della dottrina sociale della Chiesa, si potrebbe elaborare una psicologia del popolo: si tratta di una lettura della sofferenza umana  non solo in chiave socio-economica, ma anche in chiave culturale, filosofica e teologica. Nessuna scienza, neppure la psicologia, può credersi in grado di conoscere totalmente l’uomo.  La psicologia del popolo è in realtà una psicologia dei popoli. Nessun popolo è totalmente puro per credersi unico e incontaminato. In questa prospettiva la psicologia diventa una disciplina dell’identità del singolo e della molteplicità, dell’unità e della differenza. Vale qui il pensiero che sostiene: “La comunità ha il suo fondamento nella persona e la persona si realizza nella comunità”. La relazione individuo comunità si deve allargare al rapporto e alla relazione tra le diverse comunità. Il conflitto intercomunitario influisce attivamente nella relazione individuo/comunità.

padre Tito Lopez Rosas, mio professore di Teologia mio primo rettore del Colegio del Salvador e Ricardo Moscato attuale rettore del Colegio del Salvador.


 

[2] Papa Francesco ha insegnato psicologia presso il Colegio del Salvador, gestito dai gesuiti. Alcuni anni dopo Francisco Mele ha tenuto la stessa cattedra fino alla sua venuta in Italia nel 1986. Avendo studiato a Buenos Aires presso l’Università dei Gesuiti, si è formato nel clima culturale venutosi a creare durante la gestione di Padre Arrupe, Generale della Compagnia,  e ha avuto l’influenza di alcuni maestri di Bergoglio, come i filosofi padre Ismael Quiles e padre Juan Carlos Scannone.

[3] a cura di Roberto Martialay, S. J. , Ignacio Ellacurìa, Bajar de la cruz al pueblo, ed. Mensajero, Bilbao, 2009.

Il 16 novembre del 1989 vengono uccisi 6 gesuiti e 2 impiegate, descritti come  “I martiri dell’UCA (Universidad Centroamericana José Simeon Cañas) ”, Università Cattolica di San Salvador. Le vittime sono : i gesuiti: Ignacio Ellacuria, (rettore dell’Università), Ignacio Martìn-Baró, Segundo Montes, Juan R. Moreno, Armando López, Joaquin López y López; e le impiegate Elba e Cecilia Ramos.

 

[4] Juan Carlos Scannone,  (2005) Religiòn y nuevo pensamiento, Anthropos editorial,  Barcelona

[5] Henri De Lubac,  (2013) Il dramma dell’umanesimo ateo, Morcelliana, Brescia

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