LA COMUNITA SI FONDA SULLA PERSONA E LA PERSONA SI REALIZZA NELLA COMUNITA’

Francisco Mele e Papa Wojtyla 1986 al CeIS e con  Papa Wojtyla in Vaticano 1997

Trascendere dal contesto

… “entrare nel concetto dell’azione” tende un filo rosso che unisce Vaticano II, la Dottrina Sociale della Chiesa, Giovanni Paolo II e papa Francesco…

Francisco Mele

Progetto uomo nasce come attività primaria del CeIS – Centro Italiano di Solidarietà. E’ il 1969.
Don Mario Picchi incentra il suo Progetto sull’uomo, e in particolare sull’uomo che ha bisogno di aiuto. Dopo un periodo di difficoltà e di lavoro oscuro, don Picchi trova il sostegno che farà decollare l’iniziativa in Paolo VI, il papa che gli offre la prima casa – in piazza Cairoli, a Roma – in cui portare i ragazzi per quella liberazione dalla tossicodipendenza che caratterizzerà per decenni l’impegno suo e degli operatori che saranno al suo fianco, convinti della serietà di un discorso che unisce al lato caritativo quello terapeutico.

Paolo VI è un papa immerso nella società in crisi, di cui è fortemente consapevole fin dai tempi della sua attività di Cardinale nella Curia di Milano, dove non ha ignorato i problemi dei giovani lontani da un’esistenza responsabile ed è venuto incontro alle necessità degli emarginati.
E’ sotto l’impulso del Concilio Vaticano II, voluto da papa Giovanni XXIII e sviluppato da Paolo VI, che la Chiesa accetta le sfide della modernità e si impegna a creare e a sostenere strutture incentrate nella cura delle persone con difficoltà, come appunto il CeIS fondato da don Mario Picchi, vero figlio del Concilio: l’Enciclica Gaudium et Spes (1968) costituisce un punto di riferimento fondamentale della Pastorale della Chiesa, anche e soprattutto nell’ambito dell’azione sociale.

Il seme gettato da Paolo VI mettendo a disposizione la casa di piazza Cairoli fruttifica miracolosamente con papa Giovanni Paolo II. Egli dona alla comunità di Progetto uomo altri spazi in cui moltiplicare e rendere sempre più realizzabile il Progetto: alla fine degli anni Settanta, San Carlo, la villa appartenuta al Cardinale Jorio a Castelgandolfo, dove i ragazzi che hanno superato un primo periodo diurno a piazza Cairoli possono sviluppare in tutta pienezza il lavoro di ricostruzione della persona. Il nome scelto per la casa – San Carlo – è quello onomastico di Karol, un omaggio velato al papa, con quell’aggettivo – San – che anticipa uno sviluppo di azioni che approderanno alla dimensione della santità.
Papa Karol ha amato i “ragazzi di don Picchi” – qualcuno ancora ricorda che al secondo anno della nascita della comunità San Carlo- era la fine degli anni settanta, ci fu un allarme in Vaticano, era “scomparso il Papa”, a piede Wojtyla lascia la sua residenza e va a trovare i ragazzi in Comunità: un’esperienza indimenticabile!

Un altro incontro tra Giovanni Paolo II e i ragazzi del CeIS avviene nella residenza estiva del Papa, sempre a Castelgandolfo. E sarà in sostanza un rendere la visita da parte del Papa, il fatto che Lui sia andato, nel 1986, nella sede di via Ambrosini per la sua inaugurazione, dove anche le famiglie, gli amici e i collaboratori esterni al Progetto, oltre che i numerosi operatori, partecipano a una giornata memorabile; durante quelle ore intense Giovanni Paolo si intrattiene con i giovani, battezza i figli degli operatori insieme a quelli dei ragazzi usciti dal Programma e ormai inseriti nella società, in una ritrovata unione spirituale. Forte incremento al Progetto per aver dato impulso al discorso terapeutico dell’uscita dalla tossicodipendenza, è stato Juan Corelli, un artista di alto livello che ha affiancato don Picchi lanciando inoltre il CeIS su di un piano internazionale, portando in esso i maestri della psicoterapia.
Durante la messa a via Ambrosini, nella sede dedicata a Paolo VI, il Papa riceve i doni che simboleggiano la partecipazione di alcuni Paesi al Progetto che va estendendosi in Europa e nelle Americhe. E a livello mondiale è Sua l’idea della Giornata Mondiale della Gioventù che il Cardinale argentino Eduardo Pironio, grande amico di don Picchi e di papa Francesco, ha sviluppato insieme a Lui.
Il dono che per l’Argentina gli offrirò io è un disco – allora si trattava di un “long play” – in cui era registrata la “Misa Criolla” realizzata dal compositore argentino Ariel Ramirez. Gli parlo in spagnolo, e Lui in spagnolo mi risponde: lo ringrazio per il contributo da Lui dato alla pace fra Argentina e Cile nel 1978, facendo evitare la guerra fra due Paesi cattolici. Nel 1982, in piena guerra delle Malvinas – reclamate dalla Gran Bretagna come Falkland di sua giurisdizione – , Wojtyla interviene attivamente venendo a Buenos Aires per porre fine a questa guerra sanguinosa. In tale occasione io ho preso parte alla grande manifestazione di folla festante che ha accolto il Papa a Buenos Aires.

Nel 1999, dal Pontificio Consiglio della Pastorale Sanitaria viene indetto un Convegno internazionale sulla lotta contro le tossicodipendenze, che si tiene nella sala dell’antico Concilio. Siamo in quattro a rappresentare l’Italia, e io sono là per Progetto uomo, mandato da don Mario Picchi in sua rappresentanza. Nell’ultima giornata il Papa ci riceve, parlando con ciascuno di noi singolarmente. Le mie frasi sono per ringraziarlo per la Sua attenzione al lavoro del CeIS, che continua a riportare migliaia di giovani a vivere in una società, certo piena di insidie e di lusinghe, ma con la forza acquisita da una filosofia di vita. E il Papa mi chiede di portare a don Picchi un caro saluto.

L’incontro fra don Picchi e Giovanni Paolo II, al di là di uno scambio fraterno fra un Papa e un suo sacerdote impegnato in una linea condivisa, consiste soprattutto nel porre in risalto un’affinità filosofica che ha le sue radici in uno dei maestri di Wojtyla: Max Sheler , e soprattutto Edmund Husserl.
Si tratta di considerare essenziale in primo luogo il concetto di “persona” e poi il concetto di “esperienza”, per arrivare a vivere i valori religiosi, ma soprattutto i valori della persona in generale: per arrivare a ciò, si deve fare esperienza.

Altro elemento legato all’esperienza è l’azione: nell’azione si supera il dualismo mente-corpo e d’altra parte, dal punto di vista religioso, nell’azione si conosce l’anima di una persona. Ma occorre chiarire qual è l’azione che porta alla distruzione e l’azione che porta alla costruzione.
La lettura che effettuo sul Progetto di persona in Wojtyla parte dai miei studi su di una figura importante nella mia formazione e soprattutto nella formazione di papa Francesco, ovvero il filosofo e teologo Ismael Quiles. In un interessante saggio, Quiles prende in considerazione il libro pubblicato nel 1969, di Wojtyla –The Acting of persons – : in tale testo la persona è al centro del discorso filosofico. Il concetto di persona che comprende e supera le definizioni di individuo verso la società integra individuo e comunità, individuo e società.
Quiles mette in risalto il fatto che la persona è sociale non perché ha il fondamento nella comunità, ma è la comunità che ha il fondamento nell’essenza della persona.
Questo spostamento, ma senza eliminare uno dei termini persona/comunità, è alla base di Progetto uomo : l’uomo si realizza in azioni che abbiano senso all’interno della comunità, ma la comunità non annulla la persona umana. Questo “entrare nel concetto dell’azione” tende un filo rosso che unisce Vaticano II, Dottrina Sociale della Chiesa, Giovanni Paolo II e papa Francesco. Perché anche in papa Francesco l’azione e i gesti che accompagnano l’azione costituiscono il motore del Suo operato.
Più di una volta papa Francesco ha fatto riferimento agli idoli che condizionano e portano alla schiavitù dei giovani, come la tossicodipendenza.
La persona umana come essere sociale che si realizza nell’azione sensata presuppone la libertà, la capacità di autogoverno e di auto-posizionamento.
Dalle dipendenze patologiche vengono intaccati tre principi etici: la libertà, il principio della vita e il principio della responsabilità.
Un progetto terapeutico che ha come centro la persona deve proporsi di recuperare gli spazi di libertà mentale, spirituale e fisica, promuovere e sostenere il principio della vita ed essere responsabile delle proprie azioni.
Auto-posizionamento significa che un soggetto è capace di trovare il proprio centro in sé.
Quando un soggetto trova il centro in sé – quello che viene definito “la posizione” -, può uscire da sé, esporsi, ma sa che può tornare a sé senza perdersi.

Altro elemento fondamentale del concetto di persona è quello del governo di se stesso in un contesto di incertezze. Anche in questa situazione, che riguarda realisticamente una società a rischio, la persona può elaborare un progetto di vita che tenga conto delle difficoltà in cui è costretta a vivere, ma in mezzo alle quali una qualche scelta è pur sempre possibile.
Trascendere dal contesto è necessario. Lo si può fare sul piano verticale o su quello orizzontale. Riguardo al piano verticale, si tratta di valutare i diversi livelli della coscienza morale, etica e spirituale. Sul piano orizzontale si tratta di intravedere una via d’uscita ai condizionamenti più pressanti che possono portare alla disperazione.

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