L’INTELLIGENZA SPIRITUALE COME RISPOSTA ALLA PAURA

INTELLIGENZA SPIRITUALE COME RISPOSTA ALLA PAURA

Francisco Mele

In questo periodo si scontrano due principi. Il principio di “uccidibilità” e il principio di “solidarietà”.

Il principio di uccidibilità è inteso come ciascuno di noi sia veicolo di morte, o può essere ucciso dall’altro attraverso il virus che rende ciascuno un possibile assassino inconsapevole.

L’assassino inconsapevole non ha in sé le caratteristiche della personalità del criminale, per cui i sensi di colpa che lo assalgono quando ha contagiato l’altro senza averne intenzione lo possono portare a uno stato di depressione che paradossalmente lo rende ancora più vulnerabile.

Il principio di solidarietà va inteso come il desiderio di augurarsi che l’altro stia bene, anche per un proprio egoismo; addirittura si desidera che il peggior nemico non sia malato.

Il desiderio che l’altro stia bene non riguarda soltanto il prossimo vicino, amico, parente, collaboratore, collega, ma si estende anche al prossimo lontano. Questo principio può far breccia su quelle persone che hanno come fine l’odio verso l’altro vissuto da ostacolo per la propria realizzazione.

Il principio dell’odio si è riscontrato tra i malati di tubercolosi della fine dell’Ottocento o in alcuni malati di aids; pochi decenni fa si era posto come la vendetta con cui si voleva colpire tutti gli altri indistintamente.

In questo momento invaso dalla paura e dall’incertezza veniamo sollecitati a reagire non solo con la forza della nostra salute fisica, ma soprattutto imponendoci di sviluppare un tipo di intelligenza che ci consenta di alzare la testa e di guardarci intorno per comprendere il valore della terra, dell’ambiente e soprattutto delle persone che la abitano.

Aldi là di una religione particolare, l’intelligenza spirituale è da intendere come la risposta che mi pongo ad alcune domande che riguardano il tema della morte, della vita e del tempo.

In questi anni, il principio dell’odio verso l’altro, considerato il nemico da battere, ha portato a una spesa smisurata in favore di una esagerata corsa all’armamento e di una costruzione di muri: coloro che hanno sostenuto questa tesi si sono trovati prigionieri del proprio sistema di difesa, e sono rimasti intrappolati credendo di essere al sicuro.

La medicina come scienza si è sviluppata con le guerre. Per questo, il sistema medico ha un’organizzazione simile a quella militare, quindi utile ad agire velocemente quando scoppiano delle epidemie, come nel caso presente. Si sono chiusi dei reparti e degli ospedali a favore di una medicina privata, sguarnendo le postazioni migliori per affrontare le diverse epidemie che abbiamo sofferto in questi ultimi decenni.

Il virus non tiene conto della sovrastruttura che fa sì che ciascuno indossi la maschera del potere, del funzionario o dell’operaio. Non tiene conto del sistema gerarchico, ma sta imponendo a tutti, di usare la mascherina, con l’illusione che possiamo in questo modo non essere riconosciuti dal nemico senza volto.

In questa guerra siamo tutti in battaglia. Senz’altro il personale sanitario si trova a combattere senza tutto quell’arsenale necessario per affrontare la crisi.

A niente servono quei carri armati e quei missili postati in punti-chiave del pianeta, perché c’è il rischio che non si possa sparare il primo colpo,  dal momento che non esiste più nessuno, e forse questa situazione paradossale ci può far riflettere sul valore della vita.

In questo periodo alcune persone credono di scongiurare il pericolo decidendo da sé la propria morte,

come tanti tossicomani che usano la dose, come i perseguitati durante il nazismo usavano la pasticca di cianuro per non essere catturati. Oppure come l’ex carabiniere che, per la paura del futuro, uccide con la pistola dell’Arma moglie e figlio, per poi spararsi dopo aver avvertito la Polizia.

Ognuno di noi che viviamo la paura della minaccia, siamo chiamati a sostenere l’angoscia di tanti malati, familiari, amici, colleghi che si trovano nella nostra stessa situazione.

Nella disgrazia del momento presente emergono le capacità dei dirigenti, e molti di questi davanti alla crisi, in quanto impreparati ma avidi di potere, si sono dimostrati inadeguati.

il sonnambulismo collettivo che ci ha colpito in questi ultimi anni ci ha portato a scegliere dei dirigenti, soprattutto politici, che entrano nella categoria “del Pifferaio Magico”, in analogia con quello che si può definire un “collettivo incosciente”, a differenza dell’incosciente collettivo junghiano, dove, attraverso un codice di lettura adatto, si legge una grammatica saggia in quanto si scopre quel sapere dell’uomo che riguarda il mito.

La mitologia interrogata con la ragione porta a una conoscenza del Sé e della Comunità. Il collettivo incosciente è l’azione dell’individuo e del gruppo senza senso, da cui non si può trarre alcuna sapienza. Senza questa sapienza non si impara mai dall’esperienza e a livello compulsavo si ripetono gli stessi errori.

 

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