BALCONING
Nanni Magazine

Balconing: Mele, “lanciarsi nel vuoto? Una metafora del nostro tempo”
Valentina Marsella (13/09/2010)

Lo psicanalista analizza la ‘moda’ pericolosa di tuffarsi in piscina dai balconi degli hotel, che quest’estate ha già mietuto 6 vittime nelle Baleari. “Buttarsi è buttare se stessi, perchè non si ha più un progetto”. Quello che conta è dare spettacolo.

Il brivido, la sfida, la voglia di dare spettacolo. Imperversano, tra i giovani, le ‘mode’ pericolose. Dal parkour, lo sport urbano estremo nato in Francia e ormai largamente diffuso in Italia, dove si salta da un edifico all’altro, superando ostacoli, rimbalzando sui tetti secondo un percorso prestabilito, nel tempo più rapido e nel modo più semplice possibile, al balconing, la mania dei ragazzi in vacanza di gettarsi dal balcone della camera dell’hotel nella piscina sottostante.

L’ultima vittima del balconing, fenomeno noto già da alcuni anni a Ibiza e Maiorca, ma esploso questa estate, è un giovane italiano di 26 anni che giorni fa, in vacanza in un hotel di Playa d’en Bossa, a Ibiza, si è ‘tuffato’ in piscina dal settimo piano, ed ha trovato la morte. Uno dei tanti casi registrati nelle Baleari, solo quest’estate le morti hanno raggiunto quota sei: giovani che dopo una notte a base di alcol e droga si lanciano dai balconi dei loro alberghi per cercare di tuffarsi direttamente nella piscina o di saltare sulla terrazza di un’altra stanza.

E spesso il salto finisce male. Ma cosa spinge i giovani d’oggi a seguire queste mode pericolose? Ad analizzare questi fenomeni, è lo psicanalista e criminologo Francisco Mele, docente di Sociologia della Famiglia e direttore del Settore Terapia Familiare del Centro Italiano di Solidarietà (Ceis), che ci spiega come essi siano una “metafora del nostro tempo”.

“Le mode pericolose – ci fa notare Mele – ci sono sempre state, ma oggi hanno preso piede nel contesto di una società dove il consumo di droghe e alcol si è molto sviluppato. La prima metafora di ciò che accade è appunto il consumismo, e i protagonisti di questo fenomeno sono l’icona perfetta di questa società. Una società dove si mette in moto una guerra quotidiana, dove il brivido e la sfida sono all’ordine del giorno”. Essere in gruppo, spiega lo psicanalista, fomenta questi fenomeni. E anche se nel balconing si è soli, “quello che conta è che ci sia un palcoscenico, che a guardare lo spettacolo ci sia qualcuno. Il fatto che poi i video delle performance siano inviati su YouTube, non è casuale: in quel lancio c’è il senso di diventare eterni, anche se poi ci si schianta contro la realtà. E per un attimo, il confine tra fantasia e realtà scompare perchè la cosa più importante è essere protagonisti”.

“La metafora della piscina – aggiunge Mele – mi ricorda il caso (avvenuto prima che nascesse questa moda) di un macho che, in un albergo pieno di donne, si era tuffato in un volo acrobatico in piscina, per attirare la loro attenzione. Ma non si era reso conto che avevano tolto l’acqua e lo schianto è stato terribile. Ma quello che contava di più era essere protagonista”. E in sintesi, è questo lo spirito dei giovani che si lanciano in queste imprese al limite del possibile.

“É una società di continue sfide – ripete il docente di origine argentina – di competizione, dove ci si lancia in imprese che ragionando freddamente non si intraprenderebbero. Quello che si fa vale in quel momento, poi non vale più”. L’altra metafora è quella di Icaro, che nella mitologia greca si fece prendere dall’ebbrezza del volo e si avvicinò troppo al sole. Il calore fuse la cera che teneva attaccate le ali al corpo di Icaro, facendolo cadere nel mare, dove morì.

“Qui si legge il senso di certi gesti plateali – ci fa notare ancora Mele – quello del morire e rinascere. L’idea del depresso che si suicida, in posti dove tutti devono vedere come si schianta. Buttarsi è buttare se stessi, perchè non si ha più un progetto. Almeno nell’immediato”. E ancora, questi fenomeni possono essere letti in un’altra chiave, quella della filosofia di Heidegger, che spiega Mele, diceva ‘Siamo gettati nel mondo’.

“Le persone si gettano – rileva lo psicanalista – perchè non hanno più un progetto. E la competizione si fa estrema, con la tv e you tube, che invece di essere deterrenti, moltiplicano gli emulatori. Un principio mimetico che predomina in quelle persone che vivono in rivalità con tutti. E il gruppo li incita alla battaglia in questa guerra quotidiana”. Un tema che Mele ha affrontato nel suo ultimo libro, ‘Mio caro nemico. La guerra quotidiana in famiglia e nelle istituzioni’, in uscita il prossimo ottobre.

I commenti sono chiusi.