IL FENOMENO DELLA WEB CAM GIRL

FRANCISCO MELE

NOVEMBRE 2010

FISSARE LA STATUA VIVENTE

Una webcam girl è un luogo in cui una donna viene guardata dall’infinito.
In questa metafora lei si spoglia e si mostra con l’illusione di poter controllare la pulsione escoptofilica , ovvero la passione che riguarda il rapporto fra il desiderio di guardare e di essere guardato.
Lo sguardo non è unidirezionale, ma implica un rapporto fra diverse figure reali o immaginarie.
Il fenomeno webcam girl coinvolge un oggetto da osservare e un occhio “libidinoso” che osserva e possiede quel corpo che viene spezzettato, tipico dell’azione del perverso nei confronti della donna.

Secondo Freud il perverso non sopporta di vedere una donna nuda, l’occhio si sposta dai genitali femminili verso altri “oggetti” parziali che riguardano il corpo della donna o delle “protesi”, come le scarpe con tacchi alti, pistole, mitra, stivali, cappelli, mutande, tutti elementi che vengono a coprire un vuoto, una mancanza da parte dell’osservatore perverso.
Sempre secondo Freud, la mancanza di un pene nella donna genera l’angoscia di castrazione, ovvero la paura che il Grande Altro possa tagliare a lui suo membro, come ha fatto con la donna. Aggiungerei a questa angoscia di castrazione, un’interpretazione complementare, nella quale l’uomo ha il terrore della vendetta da parte della donna che si trova priva di quel piccolo oggetto da lui tanto esaltato.
Lo strumento tecnologico della webcam stabilisce un rapporto inedito nella storia della psicopatologia, ma anche nella storia della sessualità; entra a far parte delle dipendenze tecnologiche impensabili vent’anni fa; ancora non possiamo prevedere le conseguenze degli effetti della tecnologia nella vita attuale.
Una mia prima ipotesi: la webcam è uno strumento di protezione dalla paura di un rapporto diretto tra uomo e donna capace di rinviare la guerra tra i sessi; è una protezione per la donna, perché questa può esibirsi a chiunque senza il timore di essere sbranata, ma invece si sente come adorata dallo sguardo infinito, che può tuttavia interrompere quando vuole. Il rischio maggiore che corre è la registrazione, perché l’altro – il libidinoso – può rivederla quante volte vuole o immettere queste immagini su Youtube, su Facebook o altri socialnetworks, per cui il corpo della donna può essere dato in pasto ad un branco di sguardi perversi.
La webcam protegge il perverso in quanto il temuto contatto fisico non si verifica, né si attua la immaginata possibile vendetta femminile nei confronti di lui possessore del pene.
La prevalenza dell’uso della webcam nei confronti della donna è una conseguenza della sua strumentalizzazione e mercificazione in una società in cui l’organizzazione sociale è nelle mani di un potere maschile che si manifesta come la capacità da parte di un uomo in competizione con altri uomini di possedere anche le donne come oggetti consumo e simboli di un potere raggiunto.

Che una donna decida di diventare webcam-girl soltanto per una questione economica io credo non sia questa l’unica motivazione. Si attiva in lei un desiderio legato al gioco con qualcuno che ritiene stia a guardarla attraverso lo schermo. Il desiderio è sempre attivato da un ostacolo; più esso è contrastato, più si accresce. Si aggiunge a ciò il mistero dell’identità dell’altro, che si camuffa dietro ad un falso sé, a cui può attribuire le connotazioni e la storia che più lo soddisfa. Si viene a creare un rapporto come fra lo spettatore anonimo e la telenovela a cui questi sta assistendo; egli può entrare in un rapporto interattivo con l’attrice, immaginando di possederla in ogni modo, mentre a sua volta lei immagina di avere questo rapporto di fantasia con coloro che la stanno osservando. Lo spettatore può anche fissare le immagini che gli arrivano registrandole e rivedendole a sua volta quando e quante volte vorrà. Nella donna c’è il desiderio di fermare il tempo raggiungendo attraverso la sua immagine registrata una sorta di eternità in cui rimane idealmente giovane; è una sorta di costruzione di una statua vivente. Il fatto di fissare la statua vivente permette la distanziazione e la disidentificazione con se stessa da parte della webcam-girl. Per questo la protagonista del racconto “Sono una webcam-girl” riflette che parla in terza persona riferendosi a lei nei confronti di chi la guarda e dialoga con lei, mentre nella vita reale parla di sé in prima persona. Sovente la webcam-girl non mostra il volto, limitandosi ad esibire il proprio corpo, come un oggetto buttato in pasto allo spettatore, a cui riferirsi appunto in terza persona, indicativamente. Mostrare il volto significa confrontarsi con la propria coscienza. La webcam permette questo sdoppiamento della persona. Nasce sovente, in simili occasioni, il desiderio di vedere il volto rimasto sconosciuto; quando ciò si verifica, attraverso un incontro, è quasi sempre una delusione quella che avviene, poiché da parte del richiedente c’è stata una forte proiezione del proprio desiderio ideale. Anche la webcam-girl desidera vedere il volto di colui che l’ha a lungo guardata senza mostrarsi tranne che per la voce; anche da parte sua è inevitabile la delusione, determinata da un’analoga proiezione del proprio desiderio ideale; è un ritorno brusco alla realtà quotidiana, grigia e monotona, talvolta squallida.
Nell’uso di questo strumento mediatico emergono vantaggi e svantaggi rispetto al rapporto sessuale a pagamento. In questa situazione il pagamento avviene in maniera del tutto mediata, senza un rapporto diretto del denaro che passa da una mano all’altra, facendo sentire il rapporto come un uso del cliente nei confronti di una prostituta pagata per una prestazione: il passaggio dalla banca offre l’illusione di una sorta di lavaggio del denaro sporco analogamente all’elevazione del rapporto da fisicamente brutale a immaginato ed elevato. Vengono a mancare quegli elementi legati alla fisicità – odori, umori, dolori, contatti – che rendono conflittuale il rapporto e lo costringono in un tempo e in uno spazio limitati. Il vantaggio di un simile rapporto a distanza consiste inoltre nell’annullamento della distanza come ostacolo ad esso; va considerata anche la velocità in tempo reale attraverso cui raggiungere la persona oggetto del desiderio, entrando nella sua casa senza problemi di riconoscimento od orari. Non va sottovalutata l’eliminazione del rischio di contagi, dopo che le malattie veneree erano state praticamente eliminate, mentre negli ultimi decenni si è accresciuto attraverso l’aids. Un vantaggio per la webcam-girl è inoltre quello di non temere di essere aggredita, violentata e derubata, come spesso avviene nell’ambito della prostituzione; né essa deve farsi difendere e gestire , volente o nolente, da un protettore; si può dire che la sua professione di prostituta è autonoma. Lo spettatore dalle tante esigenze può permettersi, senza fatica o problemi, di scegliere di volta in volta, a suo capriccio, donne diverse per razza, età, caratteristiche fisiche e comportamenti erotici.

Una lettura più attenta del rapporto fra un soggetto che vuole fuggire dal quotidiano monotono e faticoso ed un altro che si presta al gioco tele-erotico ci rivela l’inganno di un io che crede di vedere il tutto attraverso un piccolo occhio e di essere sorpreso da un grande occhio che tutto comprende e vede. Ciascuno, a turno, si sente dio e il diavolo. Il meccanismo della tecnologia crea un’altra illusione, quella di non percepirne la dipendenza patologica. Il soggetto crede di dominare lo strumento, immaginando che fra lui e lo strumento quella distanza lo tenga lontano dalla dipendenza, ma senza rendersene conto egli entra in questo mondo virtuale al punto tale che in certi casi il soggetto non distingua più la differenza fra mondo virtuale e mondo reale.

II –

Talvolta uno degli spettatori entra in un rapporto di maggior confidenza con la webcam-girl; decide allora di mostrarsi a sua volta attraverso una telecamera facendosi conoscere dalla ragazza. Il rapporto continua ad essere di prestazione pagata, recuperando tuttavia una certa umanità attraverso la conoscenza scambievole della propria identità ed un rapporto più ravvicinato. Si passa da un rapporto triadico in cui non si configura un rapporto di sentimenti ad un rapporto nel quale emerge una esclusività ed una attenzione verso l’altro inesistente nel caso precedente.

Esemplare la storia di Veronica.
Tossicomane sui trent’anni, ragazza madre di un bambino con disturbi di comportamento, Veronica viene da me inviata da una dermatologa dell’ospedale, perché aveva ad una gamba delle ulcere secondo la dottoressa di origine psicosomatica.
Al primo incontro la ragazza mi investe con impeto : “Lei deve guarirmi”, mi dice con forza. Io le rispondo che ha sbagliato a venire da me, perché non sono un mago, posso soltanto ascoltarla. Si trattava della mia cautela professionale, che pur riconoscendo l’importanza dell’ascolto e dell’intervento psicoterapeutico, non induce mai i pazienti ad una fiducia fideistica. La dermatologa aveva però ragione, perché dopo circa sei mesi in cui Veronica viene regolarmente da me per alcuni colloqui, le ulcere scompaiono senza ulteriori medicine. Il miglioramento della salute le consente di riprendere un suo vagabondare per le trattorie del centro della città, dove riesce a destare la simpatia della gente che le dà qual poco che le consente di vivere e di contribuire a qualche spesa per il figlio, ormai dodicenne, che vive con i nonni genitori di un padre latitante.
Il problema più grave che non si poteva eludere in Veronica era l’aids, contratto attraverso rapporti promiscui di incontri sessuali casuali e di uso della siringa in gruppo. La malattia non ancora conclamata le ha già provocato danni gravi alla salute, dalla perdita dei denti ad un principio di diabete, di cui lei non si cura, mangiando quello che le capita nei suoi giri per le trattorie.
Le cause di tali comportamenti risalgono all’infanzia.
Di famiglia sottoproletaria, abita in una lontana periferia, dove grandi e bambini convivono senza confini. Verso i quattordici anni il padre tenta di violentarla. “Meglio con me che con uno qualsiasi” le dice per indurla a cedere, ma lei si ribella e scappa di casa. E’ per questa situazione lontana negli anni che Veronica tenta con ogni mezzo di cancellare quanto le ricorda il padre: sollecita rapporti con quanti gli capitano negli incontri del suo vagabondare; cambia il suo cognome, distruggendo i documenti perché vuol cancellare qualunque cosa gli ricordi il padre, di cui ha orrore. Ma in realtà Veronica fugge dal padre osceno alla ricerca di altri osceni padri.

Nonostante la guarigione dalle ulcere di una gamba, le conseguenze di un diabete non curato portano purtroppo Veronica, nel giro di un anno, a dover subire l’amputazione dell’altra gamba. La sua vita subisce un ulteriore tracollo, in quanto il monolocale in cui vive è all’ultimo piano di un casermone senza ascensore, e la difficoltà a scendere in strada le impedisce di continuare a girare per la città cantando le sue canzoni romanesche nelle trattorie.
Andando a trovarla nel suo monolocale, dal momento che per lei era complicato raggiungermi allo studio, mi rendo conto del clima soffocante di quell’unica stanza da cui riesce ad uscire soltanto quando qualche raro amico si offre di aiutarla portandola fuori. Le suggerisco allora di evadere da quella sorta di prigione usando un computer con internet; le illustro le possibilità di socializzare e di aprirsi al mondo. Sono le suore a regalarle un computer e a farle anche un abbonamento ad internet: quelle suore da lei sempre odiate ritenendole ipocrite, ora le si scoprono benevole e comprensive della sua sofferenza.
Mi manda, poco tempo dopo, una mail in cui manifesta la sua gioia nell’aver imparato ad usare il computer e ancora di più nell’essersi lanciata a quello che lei chiama già, con immediata acquisizione, a “chattare”, cosa che a me, ricercatore di elementi di studio, risulta piuttosto oscura.
Vado a trovarla. Ha superato almeno un poco lo shock dell’amputazione, soprattutto perché dalla ASL le hanno promesso che le faranno avere un arto ortopedico; le hanno preso le misure e l’attesa non dovrebbe essere lunga. E’ seduta al computer, e mi mostra con entusiasmo che già alcuni le hanno scritto delle mail, e le propongono rapporti d’amore, sia pure verbali. Ma uno di questi, tempo dopo – mi fa sapere con una mail – le ha regalato una videocamera. Non capisco bene che cosa ne voglia fare, e quando torno a trovarla, già la vedo nella stanza, collegata al computer.

Veronica si è inventato un altro modo per sopravvivere. l’amico che le ha regalato la webcam le ha proposto di esibirsi in qualche posa erotica, a cui riesco a intuire dalle frasi elusive della ragazza, che il gioco che si instaura fra i due supplisce ad un rapporto sessuale vero e proprio. L’uomo vive a centinaia di chilometri di distanza, è sposato ed ha un impiego redditizio; quel rapporto che lo stacca da una sua monotona e rassicurante quotidianità è disposto a pagarlo bene; le ha mandato in anticipo una bella somma, perché lei non pensi di essere imbrogliata. Mi mostra trionfante una busta della sua banca – è riuscita ad aprire un conto corrente, e ne è fiera – ; è andata a ritirare il denaro e mi dà l’idea che si senta nello stesso modo orgoglioso di chi prende la sua prima paga. “E’ un lavoro! – esclama, forse nel timore che la giudichi e la metta in imbarazzo -. Un lavoro mio, fatto amore. Prima – prosegue, e qui riesco a immedesimarsi nella sua situazione di continua dipendenza – vivevo con la pensione di invalidità, il soccorso delle monache, il diritto all’accompagno, e l’aiuto dei volontari… In questo modo io gestisco la mia situazione economica e sto anche vivendo una situazione affettiva”. Un mondo di questo genere non me l’ero immaginato. Stavo osservandolo, ed ascoltavo impedendomi di giudicare, e tanto meno di dirle di non fare aquanto andava facendo, il che mi era venuto d’impulso considerando il fatto secondo parametri morali acquisiti. Me ne vado, lasciandole il libro che, combinazione!, le avevo portato, pensando di offrirle qualche riflessione sui principi morali che lei, consapevolmente o no, aveva disatteso per anni. Nel libro figuravano i principi morali orientativi che aveva raccolto Agnes Heller, tra i quali figuravano quelli che mettevano in risalto il rispetto del corpo e dell’anima che ognuno deve avere verso di sè e verso gli altri. Questi principi li avevo spesso usati per lavoro di prevenzione nelle scuole, rivolti agli insegnanti, ai genitori ed agli allievi perché riflettessero sulla capacità di decisione personale dettata da convinzioni soggettive, da paure o dall’influenza di qualcuno. Portarle quelle pagine mi esimeva dal parlarle direttamente di un argomento scabroso per lei, dal momento che in tutta la sua esistenza non aveva rispettato se stessa, certo deviata dal comportamento perverso del padre e via via sempre più allo sbando di giornate casuali e di incontri strumentali in cui veniva usata. Da sola, quindi, ha dovuto elaborare delle strategie di sopravvivenza, in cui hanno avuto parte la droga e la prostituzione.

Ritorno a trovarla qualche tempo dopo. Mi mostra i fogli che le avevo lasciato, pieni di sottolineature: quei principi l’hanno toccata. “Ci ho pensato su parecchio – esclama -. Nessuno mi aveva mai detto queste cose.” Mi pareva contenta, ma al tempo stesso come scioccata, e incerta sull’applicazione, nella sua vita, di comportamenti davvero adeguati a quei principi. Proprio in seguito alle riflessioni che aveva fatto sui principi della Heller, decide di interrompere la relazione “webcam” con l’uomo con cui aveva instaurato quel singolare raporto erotico. Me lo dice con una luce negli occhi, consapevole di fare un sacrificio economico – i soldi non sarebbero più arrivati -, ma soddisfatta della decisione presa, proprio perché le sarebbe costata. Non commento quanto mi dice, come non avevo commentato, la volta precedente, la notizia del rapporto virtuale appena instaurato.

In un incontro successivo Veronica mi dice che la sua storia con l’uomo lontano ha avuto uno sviluppo inaspettato. Aveva mantenuto la promessa di non cercarlo più e quando più volte lui l’aveva chiamata, non gli aveva risposto. Pensava che l’uomo si sarebbe presto stancato e avrebbe desistito dall’insistere. Infatti, per qualche giorno non aveva più avuto nessuna chiamata da lui. Ma passata una settimana, l’uomo si era presentato alla sua porta: era venuto dalla sua cittadina per cercarla, non aveva resistito all’idea di averla perduta. Quel rapporto virtuale tra una webcam-girl ed un cliente smanioso di sesso sicuro si era trasformato in una sorta di relazione non priva di sentimenti: l’uomo “ci teneva” a lei, come persona, non voleva soltanto sesso, ma dialogo. E inaspettatamente, la dipendenza che Veronica, bisognosa di denaro per sopravvivere, aveva instaurato con l’uomo si era ribaltato in una dipendenza del cliente nei suoi confronti. E il cliente era diventato un uomo in un certo senso, se non innamorato, certo desideroso di trovarsi in confidenza con una persona.

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