IL DISTURBO ETICO DI PERSONALITA (TRASTORNOS ETICOS DE PERSONALIDAD)

FRANCISCO MELE
novembre 2011

I DISTURBI ETICI  DI PERSONALITA

Il rapporto di un soggetto con gli altri è inserito e regolato da norme etiche. IL concetto di carenza dell’agire etico di personalità si configura in un individuo come l’incapacità di comprendere le ragioni degli altri e di valutare l’effetto della propria azione su di loro.
A questa categoria appartengono anche quanti subiscono un’azione ingiusta senza reagire, perché l’apparente vittima in realtà rinvia la sua contro-azione ad un momento più favorevole.

IL LIVELLO INSUFFICIENTE DELL’AGIRE ETICO DI PERSONALITà, non è strettamente inquadrabile in uno schema psicopatologico perché il superamento di questo disturbo non è legato a un intervento psicoterapeutico in senso stretto, e quanto meno alla farmacologia. La possibilità di modificare la coscienza etica dipende da condizioni favorevoli, sociali, culturali, pedagogiche o dalla conoscenza di teorie filosofiche o da credenze religiose che possono aiutare una persona a raggiungere un livello di consapevolezza superiore, che le permetta di aderire a principi etici universali come il rispetto alla vita, alla libertà proprie degli altri e a sentirsi responsabile delle proprie azioni e dell’ esistenza altrui.

A questi principi etici che supportano il soggetto in rapporto agli altri in un momento storico particolare, devono aggiungersi quei principi etici di rispetto di culture del passato o la consapevolezza di lasciare un mondo che le future generazioni abbiano la possibilità di trovare vivibile.

I passaggi che il soggetto deve attraversare e superare partono dalla possibilità di sviluppare le diverse identità che vanno dall’identità narrativa e interpretativa che appartiene ancora a un momento pre-critico, come sostiene Jean-Marc Ferry, all’identità argomentativa presa in prestito dall’autore da Jurgen Habermas, e l’identità ricostruttiva proposta da Ferry per arrivare anche, secondo una mia proposta, all’identità psico-glocal intesa come l’insight ovvero la percezione di essere uno nel mondo all’incrocio di un momento storico dove si è in un luogo particolare insieme ad altri della propria comunità e l’appartenenza alla terra come la patria di tutti gli esseri umani.
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Il soggetto si rapporta con il mondo secondo un tipo di relazione Io – Egli governato da regole tecniche che si presentano come l’agire strategico strumentale proprio del mondo della scienza. Una variante di questo agire è quello manipolativo tendente a trasformare la natura e gli oggetti secondo interessi di parte e non secondo il principio del bene generale. Il rapporto strategico manipolativo ha creato danni irreversibili ad esempio a livello ecologico, climatico e dell’esaurimento delle risorse naturali.
Un secondo tipo di rapporto riguarda la relazione tra il soggetto e il mondo sociale. Sotto l’egida di norme etiche prevale l’interazione Io – Tu. Uno degli obbiettivi da raggiungere è il riconoscimento reciproco che implica il passaggio da un tipo di rapporto strumentale ad uno di tipo inter-comprensivo, superando i meccanismi di manipolazione reciproci e la logica del calcolo che hanno visto aumentare il potere e il controllo del pianeta da una piccola percentuale di persone che detengono il potere economico.
Il terzo tipo di relazione riguarda il rapporto del soggetto con se stesso, che si ottiene attraverso un lungo processo di distanziazione da se stessi grazie alla possibilità di utilizzare gli strumenti linguistici e pre-linguistici come la struttura iconico-rappresentazionale. Questo terzo tipo di rapporto è necessario per aprire lo spazio al dibattito interiore proprio di una coscienza morale che si instaura come un tribunale con regole eque e giuste.
Questi tre tipi di rapporti – Io-Egli, Io-Tu e Io-Me – sono possibili grazie al passaggio di un rapporto strettamente dualistico ad uno triadico che ho definito trialogico.
I passaggi sono soprattutto da rapporto mimetico e fusionale con le cose e/o con le altre persone ad uno stato di differenziazione che è possibile secondo una logica triadica che non vuol dire che ci sia un terzo soggetto, ma una istanza – il Terzo – che permette il processo di distanziazione, di differenziazione e di identificazione.
Il LIVELLO INSUFFICIENTE DELL’AGIRE ETICO DI PERSONALITà si presenta con modalità proprie nei tre tipi di rapporti.
Il manipolatore di oggetti che indirettamente provoca disastri alla natura non sempre è condizionato da una cattiva coscienza, ma può essere spinto dall’ignoranza ad agire in tal modo; quindi questo soggetto può recuperare sul piano etico se viene a conoscere le conseguenze della propria azione. Il disturbo etico di personalità non riguarda soltanto la minoranza che detiene il potere e lo esercita in forma arbitraria, ma anche quel numero di soggetti che non reagiscono ai processi manipolativi di cui sono oggetto. A livello politico la responsabilità è di quelli che appoggiano un governo che poi li porta a processi distruttivi: sono responsabili come complici attivi o passivi più o meno consapevoli delle azioni della loro classe dirigente.
Nel contesto della polemologia quotidiana si ripropongono nell’ambito del lavoro e in quello della famiglia i diversi gradi del disturbo etico di personalità. E’ vero che ci sono dei condizionamenti forti che talvolta impediscono ad un individuo di reagire ai processi manipolativi di un altro, soprattutto nella famiglia dove predominano condizionamenti che toccano l’identità profonda dei propri protagonisti. Comunque. nel caso della famiglia non si può eliminare il principio di responsabilità di ognuno da una certa età in poi nei rapporti interpersonali. In questo ambito avvengono delle tragedie le più cruente provocate da processi di indifferenziazione generalizzata che esplodono con violenza inusitata tra soggetti che non potrebbero vivere l’uno senza l’altro. Uno dei principi che in ambito familiare viene spesso intaccato è il principio di libertà, che può essere espresso come controllo di uno sull’altro o di rifiuto a qualsiasi controllo o normativa etica, comequello che sta accadendo nel rapporto figli-genitori.

Il disturbo etico di personalità e il potere

I manuali, circa l’uso del potere da parte del capo – principe o leader o democraticamente eletto – segnalano la necessità di una solida preparazione nel campo militare, economico e politico. La formazione del corpo e della mente nell’antichità veniva affidata a dei saggi come lo sono stati Aristotele per Alessandro Magno, Seneca per Nerone e, in epoca contemporanea ad Aristotele, in India, il sacerdote Kautilya per l’imperatore Candragupta.

Anche questi saggi fra i più eccelsi hanno dovuto convenire che la pratica del potere non sempre segue i principi dell’etica. Kautilya ad esempio, pur appartenendo alla casta sacerdotale per la quale l’onestò è una virtù e l’inganno una colpa, comunque non esita a consigliare al sovrano comportamenti a dir poco diplomatici e in definitiva amorali “giacché la politica non è l’ambito in cui si cerca di salvare l’anima, ma l’ambito in cui si cerca di salvare lo Stato”[1].

Come racconto sull’uso dell’arte del potere che si muove nella dimensione della strumentalizzazione e manipolazione dell’altro, Kautilya ha la capacità di poter colpire i suoi nemici senza sporcarsi le mani. In realtà lui addestra il futuro sovrano che riuscirà ad unificare l’India a compiere un atto di vendetta contro un suo nemico che lo aveva umiliato. La metafora che colpisce l’allievo è l’azione del sacerdote quando sparge una melassa sciropposa ai piedi di un grande rovo di erba “kusa” – una graminacea piena di spine – e, quando gli chiede perché fa questa operazione, Kautilya risponde: ” Poiché l’erba “kusa” ostruisce il sentiero, ed è vano tagliarla a causa della sua solerte ricrescita, me ne disfarò, senza estirparla direttamente, cospargendola di questo sciroppo zuccheroso; le radici si addolciranno e colonie di formiche e insetti non tarderanno ad essere calamitate su questo lauto banchetto. E io mi sarò sbarazzato una volta per tutte di questa erbaccia”[2]. Fu così che Candragupta divenne discepolo.

La formazione del sovrano è soprattutto scienza della disciplina di sé. Il sovrano dovrà essere capace di disciplinare i propri nemici interiori, come la cupidigia, la  collera, l’avidità, l’orgoglio, l’arroganza e l’avventatezza. Non si può condurre un popolo senza essere padroni di se stessi. Infatti la psicologia è uno strumento fondamentale dell’arte del comando. All’epoca di Kautilya il sovrano imparava filosofia, religione, economia e politica. Nella sua astuzia, il politico, anche se con fini nobili, non ha remore a passar sopra ai principi morali ai quali aderisce. Questa contraddizione  in tanti casi non viene segnalata criticamente in quanto attraverso tale comportamento il sovrano riesce ad ottenere dei benefici per una gran parte della popolazione. Le persone che in ambito privato ritengono necessario un comportamento morale, nei confronti del sovrano e del suo apparato accettano la deroga mirando al proprio vantaggio e al tempo stesso scaricando sul sovrano la responsabilità del comportamento trasgressivo. Pochi hanno scritto sulla colpevolezza del popolo nella scelta di governi perversi. Il disturbo etico di personalità non è allora soltanto un disturbo di colui che avendo il potere lo usa arbitrariamente, ma anche di chi accetta ed appoggia delle politiche lontane da principi fondamentali come la libertà, la giustizia, il rispetto della vita. A questo genere di popolazione appartengono persone che lavorano onoestamente, tengono alla famiglia, portano rispetto ai vicini ed ai colleghi, sono religiosi.  Ma di fronte ad uno straniero, scatenato sentimenti ostili e violenti.

La metafora della melassa sulla gramigna si può ribaltare. La gramigna che ci riguarda è la pianta aspra dell’esistenza in cui alligna il principio etico con tutte le difficoltà a cui il soggetto va incontro e che deve superare per mantenere la sua probità;  ma il soggetto  può rimanere affascinato dalla dolcezza che proviene dalla melassa rappresentata dai modelli attrattivi dell’attuale società: se il soggetto si nutre di tale melassa, cancella le stesse radici dell’etica e si comporta in maniera  trasgressiva a danno della società. Se tale comportamento è generalizzato, il danno fatto all’altro cade anche sullo stesso soggetto.

Il problema che si pone è come affrontare questo disturbo etico di personalità che si manifesta anche oggi in quegli impulsi perniciosi come  la collera, l’avidità, la cupidigia, la libidine, oltre all’invidia, al rancore, all’odio che avvelenano sia il rapporto con gli altri che con se stessi.

Il meccanismo base che impedisce di affrontare tali sentimenti è che il soggetto che li prova non li riconosce come propri. Alla domanda “Sei in collera?”, la risposta è “No” oppure “La colpa è dell’altro che mi ha provocato”- L’avido vede solo l’avidità dell’altro; il suo comportamento è quello di inseguire il comportamento altrui – in questo caso, dell’avido – comportandosi analogamente, per la paura di non avere: poiché l’altro accumula, anche lui si sente nella necessità di agire di conseguenza.

Il soggetto più incapace di rinoscere il proprio sentimento è l’invidioso. Tutt’al più arriva a dire “Ho una sana invidia”, cercando di nascondere l’occhio malato che tradirebbe la sua stessa affermazione. Questo meccanismo in psicanalisi corrisponde all’identificazione proiettiva, quindi è così radicato e profondo nella costruzione dell’identità che impedisce al soggetto di distanziarsi e guardare se stesso in posizione di osservatore.

La filosofia nasce non solo come un amore al sapere, ma anche come una cura dell’anima. La psicologia ha individuato alcuni meccanismi che intervengono nella costituzione del soggetto, ma ancora il rimedio risulta insufficiente per arrestare  l’effetto di tali sentimenti che sono il magma che alimenta il conflitto interpersonale e addirittura è capace di provocare le guerre più irragionevoli.

La tecnologia è venuta non solo a risolvere e a rendere la vita più agevole, ma costituisce anche un buon strumento per neutralizzare la coscienza critica e alimentare il disturbo etico di personalità.

La guerra moderna gestita da una torre di controllo che diventa una specie di gioco play station: i soggetti che vi partecipano non vedono l’ effetto della propria azione quando quella bomba sganciata da un aereo senza pilota cade su di un villaggio provocandone la distruzione.

Rispetto al singolo individuo la tecnologia diventa il mezzo attraverso cui il soggetto  può arrivare a realizzare comportamenti trasgressivi senza rimorsi di coscienza. Ciò dipende dal fatto che non si crea un rapporto interpersonale frail soggetto agente ed un referente altrettanto agente; per esempio, nei casi della frequentazione di certi siti particolari da parte di soggetti considerati insospettabili, che vanno da maestri educatori, sacerdoti, padri di famiglia ecc.

In molti casi il web diventa il mezzo più rapido per prolungare ad esempio l’occhio libidinoso e raggiungere quei luoghi impensabili pochi anni fa. Esso diventa anche un agente attivo che rapisce l’anima del soggetto che va a “cercare” e lo fa diventare uno schiavo incapace di creare quella distanza di padronanza di sé per addomesticare il mezzo ai fini scelti dal soggetto stesso. In questo “cercare”, il soggetto si fa guidare, si butta e si fa attrarre da una sorta di contenitore protettivo che lentame nte lo ingloba dandogli la sensazione illusoria di dominare uno spazio sterminato che egli può usare a suo piacimento. In questo caso è ancora più difficile ritornare alla costrizione delle regole della convivenza civile e della società con le sue leggi e regole morali che il soggetto vive come frustranti.

 


[1] Kautilya, “Il codice del potere” a cura di Gianluca Magi, ed. Il punto d’incontro, Vicenza, 2011, p. 30.

[2] Op. cit. p. 24.

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