COMUNITà E GIUSTIZIA

DALLO SPAZIO DELL’INTER-ANONIMATO DELLA MASCHERA ALLO SPAZIO INTER-SOGGETTIVO DEL VOLTO

Conferenza tenuta il 16 novembre 2015 presso la Diocesi di Vicenza nel ciclo Comunità e Misericordia, organizzata dalla FUCI di Vicenza

Comunità e Giustizia. Vicenza

DI FRANCISCO MELE

La comunità si fonda sulla persona e la persona si realizza nella comunità.

Il concetto di comunità viene contrapposto da alcuni autori a quello di individuo.
Quando predomina la comunità è a discapito del singolo.
Quando invece una società esalta l’individuo, si verifica la cancellazione della comunità.
Nel XX secolo due modelli di società hanno portato la comunità allo stremo: il nazismo con l’imposizione del principio legato alla supremazia della razza da una parte, e il comunismo basato sulla lotta di classe dall’altra si sono dimostrati due sistemi politici che hanno soffocato la diversità delle persone.
In contrapposizione a tali sistemi, il sistema capitalista ha esaltato l’individuo portando all’estremo la competizione, l’egoismo e l’avidità dei singoli, imponendosi in questo modo il principio di Hobbes della guerra di tutti contro tutti.
La sfida di oggi con gli eventi accaduti a Parigi il 13 novembre 2015 pone la necessità di ritrovare la comunità come spazio di sostegno alle persone che vivono in situazioni di rischio, di paura e di assoluta povertà, perché “La comunità si fonda sulla persona e la persona si realizza nella comunità”.
Il paradosso di questi attacchi a Parigi può essere l’opportunità di costruire una vera identità di comunità europea con tutte le sue contraddizioni.
In questo caso la comunità si organizza in funzione di un nemico esterno che si presenta minaccioso e foriero di pericoli.
Secondo Hobbes la comunità è fonte di pericoli perché ognuno è capace di uccidere e quindi, davanti alla paura, si instaura un contratto sociale che porta alla nascita di uno Stato definito dal filosofo inglese “il Leviatano”. Ma il mostruoso Leviatano è in grado di distruggere il suo creatore e le sue creature.
La comunità è limitata da confini che differenziano gli appartenenti a un territorio che condividono la stessa cultura, lo stesso modo di essere in termini heideggeriani nel mondo.
Per Rousseau gli individui nascono allo stato di natura pacifici ed è la comunità a corromperli rendendoli nemici uno contro l’altro: in questo modo, per poter neutralizzare il conflitto si ricorre al Contratto sociale.
Nel XX secolo due filosofi della politica hanno elaborato delle teorie che hanno ripreso Hobbes e Rousseau: Karl Schmitt e John Rawls.
Schmitt riprende il concetto di nemico come elemento fondante dell’identità di una comunità. Rawls partendo da Kant propone un’ipotesi di contratto sociale che sarebbe avvenuto sotto il velo di ignoranza per il quale i soggetti spontaneamente scelgono dei principi regolatori della società, cercando di conciliare il modello comunitarista con quello capitalista, per cui i benefici di alcuni sono giustificati se questi privilegi non vanno contro la maggioranza delle persone.
Si pone la domanda sulla dimensione di una comunità. Tre persone possono costituire una comunità se hanno un bene in comune o un elemento negativo, che condividono.
Una comunità deve essere per forza uniformata? Oppure viene costituita da soggetti differenti? Conciliare similitudini e differenze è la proposta per la costruzione di un modello neo-comunitario in cui le differenze non costituiscano una minaccia per il corpo sociale.
Il filosofo Juan Carlos Scannone cerca di definire le logiche delle diverse conformazioni comunitarie. Si è passati nel campo della filosofia dal primato del soggetto a quello dell’altro. La filosofia hegeliana costituisce il punto più alto del valore del soggetto.
Con Heidegger l’essere è con-essere. Il termine “con”, secondo Roberto Esposito implica che l’essere si realizzi in una comunità. Un allievo di Heidegger, Emmanuel Lévinas, esalta il concetto di alterità come fondante della soggettività. L’”io” risponde alla chiamata dell’altro con l’”eccomi”. Paul Ricoeur cerca di controbilanciare il predominio dell’altro sulla soggettività.
Per Scannone il giro copernicano avviene attraverso il concetto di dono rielaborato dal filosofo e teologo Jean-Luc Marion. Dal concetto “soggetto di” o “soggetto a” si passa al soggetto donatore, che dona e al soggetto che riceve il dono. La persona nasce e riceve gratuitamente dei doni, la vita, una famiglia, una comunità, il linguaggio, la cultura. Lo stesso soggetto può essere deprivato di tali doni.
Su questa linea propongo la costruzione di due concetti che potrebbero essere utili per comprendere il dramma, per esempio, dei rifugiati che sono stati costretti a lasciare le loro comunità di appartenenza per approdare in territori talvolta ostili alla loro accoglienza. I due concetti che propongo sono lo spazio dell’inter-anonimato nella variazione del disattivatore di identità, e il costruttore di identità nella variante del riattivatore o riformattatore di identità.
Il soggetto che fugge dalle guerre, dai nemici che cercano di cancellare la sua identità e appartenenza comunitaria, cerca di ricostruire quei frammenti del sé che sono stati colpiti dalla violenza.

I terroristi che hanno compiuto le stragi di Parigi non erano dei rifugiati che avevano perso la loro identità comunitaria: nati in Francia, vissuti -alcuni di loro- in situazioni di marginalità o di misconoscimento che ha alimentato il loro risentimento, si sono trovati a non riconoscersi più nella cultura modificata dai loro genitori che si sono dovuti adattare alla nuova società europea e neanche si sentono e condividono pienamente il “dono” offerto in questo caso dal sistema francese. In questa minaccia o mancanza di identificazione a valori di fratellanza, giustizia e libertà, sono stati catturati da un modello forte e convincente che ha disattivato i principi morali di convivenza sociale. La centrale da dove partono i progetti e le proposte per una configurazione identitaria assoluta offre a questi giovani un ordinamento che serve a costruire una identità compatta senza dubbi ed incertezze. Queste centrali che fomentano l’odio verso le società post-moderne possono essere definite come costruttrici di identità. In questi casi la comunità diventa assoluta, esclusiva ed escludente, contrapponendosi a tutte le altre comunità che non significa una lotta il vecchio conflitto fra religioni, civiltà, culture, come hanno sostenuto alcuni pensatori come Huntington, perché queste forme di terrorismo non fanno parte di nessuna civiltà, bensì “il male” in comune è l’odio per l’umanità degli altri e della propria.
Il nuovo fenomeno della guerra che stiamo vivendo vede lo schieramento compatto di eserciti da una parte e terroristi che si muovono in forma isolata. Per poter configurare un soggetto terrorista si deve offrire al singolo un forte segno identitario: si è soli ma convintamente legati a una comunità ideale che va oltre lo spazio di un territorio particolare. Si arriva al punto tale che tanti soldati che vanno alla guerra non sono spinti da una identità definita, e questo fa sì che migliaia di militari per esempio si sono suicidati in Irak.
La guerra tra la gente che impedisce di visualizzare il nemico provoca quello stato di paura proprio del modello hobbesiano.
Il quesito che tutti nell’Europa minacciata dalle diverse forme di guerra economica, culturale, religiosa è se è possibile costruire un tipo di comunità che accettando la dialettica differenza-similitudine possa nascere dalla pace e non dalla costrizione di tali guerre.
La comunità che rispetta le differenze e le similitudini dovrebbe avere come principio primo la giustizia. La giustizia ha sempre un margine di ingiustizia, perché costituisce anche un modo di gestione della violenza originaria e della risoluzione di conflitti che fanno parte dell’essere con-essere o del rapporto intersoggettivo. Secondo Ricoeur la triade dell’etica della personalità riguarda la stima di sé, l’incontro con l’altro, le istituzioni giuste. All’interno delle istituzioni si verifica con più chiarezza il fenomeno dell’ingiustizia. Si evince da quanto esposto che la giustizia è un compito sempre in divenire e in via di realizzare.
Sempre secondo Ricoeur la vera rivoluzione dovrebbe avvenire all’interno delle istituzioni.
Io ritengo che ci siano differenze fra istituzioni che disattivano le identità e istituzioni che forniscono modelli di identità. Nel primo modello istituzionale predomina un tipo di spazio che abbiamo definito dell’interanonimato, caratterizzato da interscambi fra maschere. In questo tipo di istituzione le persone si muovono indossando delle maschere che nascondono il vero volto inteso nella terminologia di Lévinas “il volto dell’altro” incarnazione dell’infinito: in una accezione cristiana sarebbe il volto di Dio che sollecita a ognuno il comandamento di non uccidere.
E’ possibile che all’interno di uno spazio di relazioni interanonime esista un altissimo livello di giustizia: paradossalmente si possono verificare episodi, situazioni in cui la dura legge diventa una legge disumanizzante.
Il secondo modello istituzionale fornitore di identità presenta spazi di attenzione all’altro, di rispetto e di riconoscimento delle differenze e delle singolarità.
Le istituzioni che forniscono identità possono creare dipendenze, come può accadere in certe strutture lavorative: il soggetto si sente parte di quella istituzione, ma quando viene licenziato, poiché tale istituzione è totalizzante, perde la sua identità acquisita attraverso il percorso lavorativo. Egli sente di essere stato sfruttato, in alcuni casi “spremuto” e poi gettato.
Come si può definire una società giusta? – si domanda Agnes Heller -: una società è giusta se rispetta tre principi etici universali: il comandamento biblico del non uccidere, la libertà, e la responsabilità. Una società che mantiene la pena di morte è una società ingiusta. La violenza terrorista ha portato all’interrogativo se per avere più sicurezza si devono perdere spazi di libertà.
Lo stesso interrogativo si è posto sin dagli inizi della crisi economica riguardo alle politiche sociali del welfar. Dietro la questione economica e la minaccia di perdere i posti di lavoro, i lavoratori hanno rinunciato ai propri diritti mettendo in crisi il sistema di protezione dato dai sindacati. La paura ha portato a vivere una situazione di precarietà continua dell’esistenza, che viene ipocritamente definita “processo di liberalizzazione” dai lacci giuridici che impediscono, secondo i teorici di queste politiche, di riattivare l’economia e rendere tutti più competitivi.
Le politiche neo-liberali hanno portato a un incremento dell’esclusione sociale di masse di lavoratori.
Juan Carlos Scannone nel suo studio sulla realtà latino-americana sostiene che si deve passare da una logica individualistica e competitiva a una logica della Comunione. Questo ha permesso in piena crisi economica la nascita di strutture neo-comunitarie e di forme solidarie che appartengono alla saggezza popolare.
La logica della Comunione è legata a una logica della sovrabbondanza descritta da Ricoeur, propria della carità. Da una giustizia distributiva di dare a ciascuno quello che a loro corrisponde si passa a una giustizia – quella della carità – della sovrabbondanza.
L’immaginazione della sovrabbondanza – sostiene Scannone – permette di individuare in una situazione ingiusta il germe di forme di giustizia: questo metodo definito “del discernimento” permette a soggetti in posizione di svantaggio di immaginare e creare attivamente forme di liberazione dalla costrizione impostagli da un mercato ingiusto e talvolta violento.
L’analisi teorica di situazioni di ingiustizia può portare a una conversione intellettuale, ma non basta rendersi consapevoli delle forme di ingiustizia, si deve agire, e questo è possibile mediante la conversione etica che consiste nel portare alla pratica quello che è avvenuto sul piano cognitivo.
Un terzo tipo di conversione è quello della conversione affettiva, che riguarda la scelta della famiglia, di una comunità, di una religione.
Questi tre tipi di conversione elaborati da Bernard Donnergan, gesuita e filosofo canadese, possono costituire una griglia ai fini dell’agire in una società in crisi.
Il concetto di phronesis – la saggezza pratica – secondo Ricoeur consiste nel mettere a fuoco i principi universali e l’azione pratica legata a una situazione particolare. In ogni scelta ciascuno di noi deve adeguare, confrontarsi con i valori che possiede.
Partendo da Rawls, la scelta di fronte a cui ci troviamo può essere descritta in tre azioni, che dobbiamo compiere. La prima, come noi reagiamo a una situazione di ingiustizia commessa nei nostri confronti. La seconda, come reagiamo quando siamo in presenza di un’azione ingiusta, che un altro commette nei confronti di un terzo. La terza, se siamo in grado – e dipende dal nostro livello etico – di renderci conto di quando siamo noi ingiusti nei confronti di altri.
L’ingiustizia è legata al male che qualcuno compie nei confronti di un altro; non è un ól’ingiustizia in modo soggettivo e trova talvolta ingiusta una situazione che oggettivamente non lo è. Per questo è necessario differenziare il senso di giustizia e la giustizia legata al diritto come luogo terzo a dirimere il conflitto tra parti contrapposte.
Il concetto di perdono costituisce una via di risoluzione contro la violenza che si può espandere portando a rischio l’intera comunità. Il perdono – sostiene Ricoeur – ha le stesse caratteristiche del lutto: non si può perdonare senza essere passati per una serie di sentimenti contrastanti, ma è una medicina necessaria per sanare una memoria ferita.

Bibliografia

Roberto Esposito, (2006) Communitas, Einaudi, Torino;
René Girard, (2001) Vedo satana cadere come la folgore, Adelphi, Milano;
Agnes Heller, (1990) Oltre la giustizia, Il Mulino, Bologna;
(1997) Filosofia morale, Il Mulino, Bologna;
Francisco Mele, (2010) Mio caro nemico, Armando, Roma;
(2013)La classe come comunità di giustizia, consultare il sito www.psicologiacritica.it

Jean-Luc Marion, (1983) L’idolo e la distanza, Jaca Book, Milano;
(2008) Dio senza essere, Jaca Book, Milano;
Emmanuel Lévinas, (1990) Totalità e infinito, Jaca Book, Milano;
Paul Ricoeur, (2003) La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina, Milano;
(2005) Il Giusto, Efatà editrice, Torino;
John Rawls, (1982) Teoria della giustizia, Feltrinelli, Milano;
Juan Carlos Scannone, (2009) Discernimiento filosofico de la acción y pasión históricas
Anthropos /Universidad Iberoamericana, Barcelona.

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